Contributo al dibattito sulla vivibilità del centro storico
Vi trasmetto l'intervento che avrei voluto
fare al
Consiglio grande e che anche io non ho potuto fare per mancanza di
tempo. E'
stato così mandato al Presidente del Consiglio comunale, così come
indicato.
La vivibilità del centro
storico dipende da molti fattori. Cercherò di fare cenno ad alcuni
di essi.
Droga : non so se e
quando finirà l’ eterna caccia allo spacciatore alla quale da
anni assistiamo. Una cosa è certa. Essa finirà solo quando finirà
la domanda . Quando qualcuno davanti all’offerta saprà dire no.
Credo che su questo noi dovremmo lavorare di più, sia all’interno
della società e delle istituzioni, sia a livello normativo.
Personalmente non sono mai stata un’ antiproibizionista accanita.
Non so come e se funzionano i Sert e non so come e se funzionano le
comunità terapeutiche , ma penso che siamo arrivati ad un punto in
cui varrebbe la pena con gli occhi di oggi ( se non vogliamo
chiamarlo con il senno del poi) rivedere l’intera normativa,
magari in modo graduale. Non capisco perché per entrare in una
comunità ad esempio sia necessario il consenso dell’interessato .
So che sto affrontando argomenti particolarmente delicati che hanno
alle spalle decenni di studio e riflessioni di numerosi esperti ,
con esiti spesso discordanti . Il motivo delle mie preoccupazioni
e perplessità quotidiane sta in questo: devo considerare per
forza “spacciato” , cioè dipendente a vita dalla droga nella
migliore delle ipotesi , un ragazzino di 15 anni ? Veramente per lui
non può esistere speranza ? Perché così ti rispondono impotenti
le forze dell’ordine quando le chiami .
Credo che sarebbe utile
aggiornare il confronto ( che forse già è in atto e io non lo so)
tra gli operatori delle comunità e quelli dei Sert , e poi informare
la popolazione, visto che il problema non è più solo personale ma
sociale. Si parla sempre più di spacciatori e sempre meno di come
curare una persona tossicodipendente.
Si apre così ancora un
altro problema, quello di come il cittadino comune percepisce la
presenza di spacciatori e di drogati nella propria città o nel
proprio quartiere. Penso che andrebbe approfondito anche questo
aspetto, in modo da poter dare ai cittadini adeguate informazioni e
consigli di comportamento. Portiamo cioè il problema della droga
con tutti i suoi riscontri all’interno dei quartieri e dei
giardini, oltre che all’interno delle scuole.
Ma vivibilità di una
città vuol dire naturalmente anche altro.
Lo Zingarelli definisce
la parola “quartiere” (cioè parte di un tutto, quarta parte)
come un “nucleo più o
meno funzionalmente autonomo all’interno di un agglomerato urbano”.
Nel centro storico di
Perugia i quartieri non hanno più questa autonomia funzionale .
Per tutto, (tranne qualche rara eccezione) sono dipendenti
dall’esterno, e cioè dalla macchina .
Nasce così la necessità
di creare sempre più parcheggi , da posizionare spesso nei posti più
strani, contribuendo con la loro costruzione alla distruzione del
centro storico.
Si è pensato ad un
certo punto di sostituire ai quartieri un “quartier generale” ,
luogo dove concentrare le funzioni che mancano ai quartieri più
uffici, banche e attrazioni varie.
Ma anche questo non ha
funzionato e l’impoverimento dei quartieri del piccolo centro di
Perugia è aumentato. Possiamo girare intorno al problema per altri
dieci anni, ma tutti sappiamo che per far rivivere i quartieri è
urgente tornare ai negozi di vicinato, altrimenti la gente va via.
Solo la loro presenza
infatti ci potrebbe aiutare a fare un cambiamento di mentalità
portandoci a riscoprire la comodità di avere un negozio a portata
di mano piuttosto che un centro commerciale lontano.
Penso a proposito che il
Comune dovrebbe contattare i proprietari degli esercizi commerciali
vuoti, capirne le intenzioni , analizzare insieme le possibilità.
Si parla tanto di “eccellenze”, ma i cittadini hanno bisogno di
cose normali per fare una vita normale.
Solo due giorni fa per
comprare una vernice sono dovuta andare a Ponte San Giovanni, e nel
negozio ho trovato un signore di una certa età che abita in Via
delle Cantine. Abbiamo fatto amicizia e ci siamo scambiati
impressioni sul futuro della città. Mi ha detto: “A Perugia non
c’è più niente. Io sono rimasto solo con mia moglie e non conosco
più nessuno . I miei figli non vogliono venire ad abitare al centro
perché è scomodo e non ci sono negozi”. Dopo esserci un po’
consolati a vicenda abbiamo concluso, sorridendo, che se quelli di
Ponte San Giovanni vogliono fare un comune a parte noi glielo
permettiamo, così forse il Comune di Perugia tornerà ad
interessarsi dei negozi del centro, magari elaborando un piano
commerciale.
Leggiamo sulle cronache
locali che sono tutti largamente positivi i bilanci delle varie Coop,
Conad, Pam, SuperConti ecc., anzi, alcuni possono addirittura
permettersi di investire in altre regioni. Eppure, per Porta Eburnea
ad esempio, non c’è stato niente da fare, nessuno di queste
grandi reti di distribuzione , a detta del Comune, ha avuto il
coraggio di aprire neppure un piccolo negozio di alimentari che
venisse incontro alle più elementari esigenze di sopravvivenza dei
residenti. Rischio d’azienda. Anche se in alcuni statuti, come
quello della Coop, si parla ancora di funzione sociale e di
rivitalizzazione dei centri storici, in effetti oggi le cooperative
hanno assunto una mentalità aziendale, allontanandosi un po’ dai
vecchi principi ispiratori .
E così tutta la zona
dentro e intorno a Porta Eburnea , fino ad arrivare a Corso Cavour ,
ne è rimasta priva . Una serie infinita di immobili e negozi vuoti
che sembra un cimitero.
Un anno fa, per
convincere l’Ing. Naldini che non era il caso di fare un
parcheggio nella zona Don Bosco, anche considerata la quantità di
beni culturali presenti , l’impatto paesaggistico e la fragilità
stessa del terreno, sono giunta al punto di proporre all’Ingegnere
di stipulare con il Ministero una convenzione per creare
all’interno delle mura del Carcere un piccolo parcheggio per i
residenti in aggiunta a quelli esistenti (ammesso che ci sia tutto
questo bisogno). Ma non c’è stato niente da fare.
Anche da questo punto di
vista penso che il Comune potrebbe fare di più. Non si vive bene ,
in una città fatta tutta di salite, discese e scalette, andando a
fare la spesa con la famosa sportola, e neppure con il famoso
carrello.
Provare per credere,
provare per capire. Provare per governare.
Non entro nel merito dei
singoli quartieri del centro storico, spero che altre possibilità
permettano di approfondire i problemi di ciascuna zona. Mi spiace di
aver detto cose già dette mille volte, cose risapute , vecchie , ma
purtroppo nuove perché mai risolte.
Credo che per capire le
necessità di un quartiere bisognerebbe fare un censimento dei
residenti, per capire quanti sono, di che età sono, quali servizi
mancano.
Vorrei aggiungere solo
una cosa in merito al degrado. Sono molti i motivi di degrado del
centro. Prendiamo ad esempio quello delle scritte sui muri (alle
quali di recente si sono aggiunte quelle sugli alberi, che tanto
oggi non vengono più rispettati da nessuno perché nessuno insegna a
rispettarli e nessuno li ama).
Penso a proposito che
ogni proprietario dovrebbe imparare a pulire le mura della propria
casa, come dice tra l’altro il Codice civile. E in effetti
qualcuno ci prova, però dato che non sa farlo scappano spesso fuori
delle pecionate incredibili.
Sarebbero allora
necessarie, anche in questo caso, delle istruzioni per l’uso.
Proposi all’ultimo Presidente di Circoscrizione che abbiamo avuto a
Porta Eburnea di fare per i cittadini dei corsi di manutenzione del
proprio quartiere. Che è anche una cosa divertente. Ma non fui
ascoltata. Lo ripropongo pertanto all’assemblea di oggi. Vi
ringrazio per l’attenzione.
Maria Pia Battista –
Via Fiorenzo di Lorenzo n. 5 – Perugia
Maria Pia Battista
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