Apologia dello scarabeo che ricicla i rifiuti
Nel gran discorrere che si fa
continuamente sui rifiuti
emerge continuamente la raccomandazione di procedere alla raccolta
differenziata. Con questo termine si intendono delle azioni
dirette a
separare, dai rifiuti misti, quelle componenti suscettibili di essere
sottoposte
a riciclo, cioè alla trasformazione di nuovo in merci utilizzabili, una
operazione del resto indicata come obbligatoria dalla legge europea e
italiana
sul trattamento dei rifiuti. Tale legge impone al primo punto l'obbligo
di
diminuire la massa dei rifiuti e al secondo punto l'obbligo di
recuperare i
materiali presenti nei rifiuti. I rifiuti --- per il momento mi
riferisco ai
rifiuti solidi urbani, la cui massa ammonta, in Italia, a circa 40.000
milioni
di chilogrammi allanno, il che significa che ogni persona, in media,
produce
ogni anno una massa di rifiuti corrispondente a oltre sei volte il
proprio peso
--- sono miscele molto variabili di merci usate: dagli imballaggi di
plastica,
vetro, alluminio, ferro, ai residui di alimenti, ai giornali e alla
carta e
cartoni usati, a indumenti usati, e innumerevoli altre cose, come è
facile
osservare guardando il flusso quotidiano di sacchetti che arrivano ai
cassonetti
(dove ci sono). Almeno la metà di questi oggetti potrebbe essere
trattata per
recuperare la materia che essi contengono, col che si avrebbero molti
vantaggi:
si dovrebbe estrarre e usare meno petrolio, metalli, prodotti agricoli e
forestali, tutti beni naturali scarsi, si diminuirebbe linquinamento
delle
acque e del suolo e dellaria, si darebbe lavoro a migliaia di persone.
Il
recupero dei materiali dai rifiuti presuppone la raccolta separata delle
varie
frazioni di materiali presenti nei rifiuti --- carta tutta insieme,
vetro tutto
insieme, plastica tutta insieme, eccetera --- e lavvio dei materiali
omogenei
ad apposite industrie che trasformano le varie frazioni in nuovi
materiali.
Il successo dei processi di
riciclo dipende innanzitutto
dalla conoscenza della natura e composizione dei materiali di partenza.
Mentre
esiste una (abbastanza accurata) merceologia della carta, della
plastica, dei
metalli, si sa molto poco della composizione delle innumerevoli sostanze
presenti nelle merci usate. Per esempio: la carta dei giornali è
costituita in
gran parte da cellulosa, ma contiene anche molte altre sostanze,
collanti,
additivi e, soprattutto inchiostro al quale è affidata linformazione
che il
giornale distribuisce. Se esistesse una macchina magica capace di
separare la
cellulosa dagli additivi e dagli inchiostri, sarebbe facile recuperare
cellulosa
adatta per nuovi fogli di carta; senza tale macchina, per il recupero
della
cellulosa riutilizzabile bisognerebbe avere informazioni chimiche
precise sui
diversissimi additivi e inchiostri presenti nei molti milioni di
tonnellate di
carta da giornali che vengono usati ogni anno in Italia. Attualmente dal
riciclo
di un chilo di carta da giornali si recupera molto meno di un chilo di
cellulosa
adatta per nuova carta, e si formano alcune centinaia di grammi di
fanghi in cui
sono concentrate le sostanze estranee alla cellulosa. Il riciclo diventa
più
difficile se fra la carta straccia finiscono imballaggi contenenti
sostanze
cerose o plastiche.
Prendiamo il vetro: le
innumerevoli bottiglie di vetro
in circolazione contengono gli ingredienti di base del vetro, dei
silicati di
calcio e di sodio, ma anche sostanze coloranti; da un chilo di rottami
di vetro
bianco si ottiene, per fusione e riciclo, quasi un chilo di vetro
bianco, ma dai
rottami di vetro misto colorati non solo non si recupera più vetro
bianco, ma si
ottengono vetri colorati di minore valore merceologico. Bisogna inoltre
stare
attenti che fra i rottami di vetro da riciclare non finiscano dei
rottami di
vetro delle lampade fluorescenti o dei video dei televisori che
contengono
sostanze tossiche. E ancora: se si avessero dei rifiuti di plastica
costituiti
da una sola materia --- polietilene, pvc (cloruro di polivinile), PET
(poletilen-tereftalato), eccetera --- sarebbe possibile rifonderli e
ottenere nuovi oggetti della stessa materia, ma quando siamo in presenza
di
miscele di varie materie plastiche è possibile al più ottenere oggetti
di
plastica di limitato valore, come piastrelle da pavimenti o paletti.
La salvezza dalla crisi dei
rifiuti va quindi cercata nel
rispetto della legge; nella progettazione di oggetti adatti per essere
riciclati
e nello sviluppo di tecniche e processi per separare e ritrattare con
successo
le varie frazioni di materie presenti nei rifiuti. A tal fine è centrale
il
ruolo della chimica e della merceologia, a cominciare dalla analisi
degli
oggetti in commercio e di quelli che finiscono nei rifiuti. Nel 1970
scrissi un
articolo in cui sostenevo che un capitolo della mia materia, la
Merceologia,
avrebbe dovuto occuparsi di rifiutologia; tutti mi presero in
giro, ma
forse proprio ad una scienza, chimica, merceologia e tecnologia dei
rifiuti
bisogna rivolgersi se si vuole uscire dalle attuali trappole. I costi, i
dolori,
i conflitti che stiamo sperimentando da anni, il ridicolo che cade
sullItalia,
possono essere alleviati soltanto con innovazione, ricerca e tecnica, e
con
linformazione e conoscenza degli oggetti, a cominciare dalla scuola
dove la
rinata Tecnologia, obbligatoria nei tre anni della secondaria
inferiore, ben
si presta ad una educazione merceologica e
rifiutologica.
Magari guardando a quanto
avviene in natura dove le
operazioni di riciclo delle scorie permettono di conservare la vita dei
campi e
degli animali. Propongo anzi alle aziende dei rifiuti di adottare come
simbolo
il paziente scarabeo: non so se lo avete mai visto al lavoro: non è
bello e
sembra sempre alle prese con qualcosa da fare; non appena trova dei
rifiuti
organici se ne impossessa e comincia a farli rotolare fino a quando non
hanno
raggiunto la forma di palline da ping-pong, e intanto si nutre di una
parte
delle molecole che essi contengono e alla fine trasporta queste palline,
ormai
ridotte a cellulosa e lignina, nella sua tana per poter finire di
mangiarle con
calma. Lo scarabeo vive, insomma, alleviando il lavoro e i costi delle
aziende
di raccolta e trattamento dei rifiuti e, nel suo piccolo, lo fa bene,
senza
discariche, senza CDR e senza inceneritori.
Giorgio Nebbia
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