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Democrazia partecipata: dove la democrazia è possibile
Democrazia partecipata: dove la democrazia è possibile
“La partecipazione è l’unica strada per cambiare le cose”. Resoconti e commenti
La tavola rotonda "Democrazia partecipata" si è tenuta venerdì 11 giugno alla Sala della Vaccara con una buona affluenza di pubblico. Roberto Pellegrino ha introdotto presentando l'iniziativa come occasione di confronto con esperienze concrete, utile nell'individuazione di strumenti per un più maturo rapporto tra cittadini e amministrazione. Massimo Rossi ha esordito testimoniando come nella sua esperienza i processi di partecipazione anno contribuito a modificare profondamente la comunità che li ha sperimentati nella direzione di una maggiore consapevolezza e responsabilizzazione, inducendo dal basso un cambiamento dei rapporti tra i cittadini e le forze politiche. Pierpaolo Fanesi ha presentato l'esperienza del bilancio partecipativo che dal '94 si attua nel Comune di Grottammare e i cui principali requisiti riguardano la capacità deliberativa dei cittadini nell'allocazione delle risorse per interventi non solo di vicinato. Negli ultimi anni la partecipazione ha interessato anche il piano regolatore, con una riduzione dei volumi edificabili, e gli accordi di programma, con una maggior tutela degli interessi collettivi rispetto a quelli privati. Diversa è la situazione nel Comune di Arezzo dove, come ha illustrato Aurora Rossi, le esperienze di partecipazione a partire dal 2005 sono state legate ad alcuni interventi identificati dall'amministrazione, come la riqualificazione di piazza S.Agostino, la destinazione di risorse a disposizione dei quartieri su temi specifici, l'organizzazione del decentramento dopo l'abolizione delle circoscrizioni. In tutti questi casi il successo della partecipazione è stato dovuto alla possibilità dei cittadini di incidere nelle scelte. Il Comune è quindi orientato a giungere gradualmente al bilancio partecipativo ed in questa direzione è stata fatta una efficace campagna di informazione. La moderatrice ha sollevato la questione dell' importanza delle regole nei processi partecipativi. La posizione che è emersa è quella che vede la necessità di regole espresse, comunque adattabili ai singoli casi, a garanzia dell'effettiva partecipazione. Strumenti normativi specifici possono aiutare, come è avvenuto in Toscana, a formare professionalità nelle metodologie per la gestione dei percorsi. Le fasi che comunque devono essere presenti in un percorso partecipativo sono quella dell'informazione, quella della discussione e del confronto per l'identificazione dei bisogni e delle priorità espresse dai cittadini, quella di progettazione tecnica degli interventi a cura dell'amministrazione, quella finale di deliberazione dei cittadini. La fase di informazione è quella che garantisce a tutti di avere gli stessi elementi per contribuire alla discussione e di conoscere i termini del problema prima di esprimere la propria preferenza, mentre quella del confronto consente di recuperare la dimensione collettiva dei problemi e dei bisogni e di percepire la città ed il territorio come bene comune. I processi partecipativi includono i cittadini in senso lato, coinvolgendo quelle persone che pur facendo parte della comunità non hanno diritto di voto. Le associazioni hanno spesso un ruolo importante nell'animare la discussione ma non pesano più dei singoli nella fase deliberativa. E' intervenuto quindi Wladimiro Boccali che ha annunciato l'avvio del processo istruttorio per nuove forme di partecipazione pubblica dopo l'abolizione delle circoscrizioni. Il Sindaco, se da una parte ha testimoniato la crisi di rappresentatività delle forze politiche e delle associazioni di categoria, dall'altra ha affermato la necessità di riformare questi istituti in senso maggiormente democratico e rappresentativo. La discussione si è quindi spostata sul rapporto tra democrazia rappresentativa e partecipativa che, anche secondo molti degli intervenuti dal pubblico, non devono essere viste in antitesi ma come forme che interagiscono positivamente tra loro. Secondo M.Rossi solo la partecipazione dal basso potrà riportare il dibattito interno alle forze politiche sui contenuti. Alla fine dell'incontro tutti i partecipanti sono stati invitati a cimentarsi in una sorta di simulazione della fase deliberativa di un percorso di partecipazione, indicando quello ritenuto prioritario tra tre interventi ipotizzati per la città di Perugia. Angela Cataliotti
Democrazia partecipata e processi decisionali inclusivi nell’Italia centrale, questo l’argomento principale dell’incontro organizzato da Perugia civica, tenutosi presso la sala della Vaccara di Palazzo dei Priori. A moderare la conversazione Alessandra Valastro, docente di scienze politiche all’Università degli studi di Perugia, che in un primo intervento ha sottolineato l’esigenza di nuove regole giuridiche che garantiscano l’effettività di questi processi partecipativi, e ha posto agli intervenuti le questioni di fondo della democrazia partecipata, dalla questione del potere ai costi. Hanno partecipato all’incontro Massimo Rossi, sindaco del comune di Grottammare dal 1994 al 2003, Pier Paolo Fanesi laureato in Scienze Politiche con tesi sul Bilancio partecipativo di Grottammare, Aurora Rossi assessore alla partecipazione del comune di Arezzo. Ha introdotto la tavola rotonda Roberto Pellegrino per conto di Perugia civica, individuando le due motivazioni che hanno portato alla organizzazione dell’iniziativa: avere informazioni di prima mano sulle esperienze realizzate, e cominciare a capire che cosa si può realizzare in concreto nella realtà perugina. Massimo Rossi ha sottolineato che la motivazione è la base stabile del funzionamento: “L’amministratore deve sentire la necessità di far partecipare i cittadini”. Non è sufficiente, quindi, fare scelte giuste, ma è indispensabile fare scelte condivise e capite. Se il fine dell’amministratore è “cambiare il mondo”egli non può fare a meno di coinvolgere i destinatari di quel cambiamento. I cittadini devono riappropriarsi della città, devono essere resi consapevoli e responsabili, devono comprendere le scelte per poterle vivere e rispettare. “La partecipazione è l’unica strada per cambiare le cose”. L’esperienza di Grottammare dimostra che la democrazia partecipata è una realtà possibile . Un dato molto importante è che anche le grandi metropoli oggi si stanno avvicinando a questo progetto: Berlino, Parigi, Londra, Roma in alcune circoscrizioni. Cinque milioni di persone oggi vivono in luoghi dove si attua il bilancio partecipativo. Quando si parla di ciò occorre tenere ben presente che non si sta parlando di partecipazione solo riguardo a dettagli formali, o piccoli interventi non decisivi dei cittadini, ma un vero bilancio partecipativo deve avere la capacità di allocare risorse economiche, deve modificare un modello e una struttura portante già esistente. Momento centrale deve essere quello dell’incontro e della partecipazione, con grande considerazione finale da parte degli amministratori nei confronti della scelte e della volontà cittadina. “Le regole sono importanti ma non sono determinanti. A Grottammare non ci sono delle precise regole statutarie, è stata l’esperienza a tracciare un po’ i limiti di questo percorso. Bene la regolamentazione per garantire l’esercizio del bilancio partecipativo ma attenzione a non ingabbiare e cristallizzare tutto all’interno di dette norme. Bisogna sperimentare e lavorare sul campo, trovare i giusti equilibri valutando le esigenze della comunità, bisogna discutere con i cittadini”. Pier Paolo Fanesi ha riportato cifre e dati interessanti nel comune marchigiano. La percentuale della realizzazione delle decisioni degli interventi partecipati è del 92%. Non sempre l’intervento più votato è anche quello più costoso, segno evidente che il cittadino sa valutare e ha una grande attenzione per quelle che sono le risorse dell’intera comunità. “La dimensione collettiva permette al singolo cittadino di ritrovare una coesione sociale e una responsabilità collegiale. La battaglia del singolo diventa una battaglia comune”. E’ un percorso coraggioso ma che dà grosse soddisfazioni. La cosa più difficile a Grottammare è stata far capire agli amministratori che questo meccanismo è possibile e utile. Oggi possiamo goderne tutti, il bilancio partecipativo è una realtà, una realtà costruita e condivisa da ognuno. Una realtà in cui si da concreta voce al cittadino che, finalmente, entra a far parte di quei meccanismi decisionali senza subire solamente scelte di potere. Resta soltanto da chiedersi allora quando tutto questo sarà possibile anche a Perugia, città che necessita di notevoli decisioni e grandi cambiamenti che interessano e coinvolgono direttamente tutti i cittadini. In fondo se essere amministratori vuol dire cercare il bene collettivo allora vuol dire anche democrazia partecipativa, vuol dire chiedere e ascoltare per rendere la città un posto per tutti e principalmente di tutti. Maria Luisa De Filippo
Il sindaco Boccali ha costruito il solito "muro di gomma" di apparente disponibilità a confrontarsi sulle nuove forme da dare alla democrazia partecipata (un'espressione tautologica: se non è partecipata che democrazia è?). Ha imboccato un lungo tragitto concettuale nel corso del quale ha avuto modo di dire che i partiti non rappresentano ampie porzioni di cittadinanza, ma... dei partiti non si può fare a meno. Tuttavia l'essenza del muro di gomma è nel dare ormai definitivamente perduta l'esperienza delle circoscrizioni, cancellate da una legge del governo Prodi (un bell'inizio nel tagliare la spesa pubblica! ndr), scomparse da oltre un anno senza che sia stata sviluppata nemmeno una riflessione su quella pratica. Boccali ha citato la delibera di giunta [precedente di pochi giorni l'assemblea di Perugia Civica] con la quale cominciare a muovere il dibattito sulle forme future di partecipazione. In tal senso Boccali ha riconosciuto la bontà dell'esperienza intrapresa ad Arezzo ed illustrata dall'assessore Rossi. A Boccali è stato, comunque, ricordato dal pubblico di essere da più di 20 anni nei ruoli istituzionali comunali (consigliere, assessore ai servizi sociali, assessore all'urbanistica) dove ha raggiunto l'apice con la sua elezione nel 2009: è risuonata assai poco credible, per questo, la sua analisi (per certi versi distaccata) sul ruolo sempre meno rappresentativo delle forze politiche tradizionali. Interessante un nuovo intervento dell'assessore Rossi (di Arezzo) sull'esperienza concreta di responsabile della partecipazione: nella giunta municipale di Arezzo non tutti gli assessori si sono manifestati disponibili a "cedere potere" pur parzialmente; in ogni modo passi concreti sono stati fatti con la disponibilità (per la gestione "partecipata") di piccole quote dei budget dei vari assessorati. Un tentativo di chiarimento (arrivato dal pubblico) ha riguardato l'essenza profonda delle esperienze di bilancio partecipato. Questo va concepito come una "marcia" prolungata per anni nella ricostruzione del rapporto tra singole persone e la politica nella città, concretizzando la possibilità di pesare effettivamente sulle scelte. In tal senso si può iniziare solo agendo su piccole porzioni del bilancio cittadino, comunque significative per la vita nei quartieri: anno dopo anno si ricostruirà un tessuto di conoscenze che daranno vita anche a nuove formazioni politiche (tradizionali o civiche). Massimo Rossi al riguardo ha evidenziato la necessità che le amministrazioni decise ad attivare il "bilancio partecipato" siano coerenti nel favorire la circolazione di saperi e informazioni veritiere sulle realtà che la cittadinanza viene chiamata ad affrontare: in pratica un appello alla trasparenza praticata e non solo proclamata. Andrea Chioini
Angela Cataliotti, Maria Luisa De Filippo, Andrea Chioini