16/07/2024
direttore Renzo Zuccherini

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IL MESTIERE DI VIVERE
E' questa la malattia di Perugia, il vivere difficile di tutti i giorni                                                           
  Ormai siamo ridotti così, una settimana a parlare di clandestini, di aggressioni e di coltelli, e una settimana di ubriachezza molesta, le due facce di una stessa realtà che non riusciamo a capire e risolvere. C'è chi insiste sulla prevenzione e chi sulla repressione, chi sull'offerta sociale, chi sulle forze di polizia, due modelli ideologici, due miopie che producono senso di impotenza, incapacità di ragionare con razionalità sulle notti perugine. In realtà abbiamo bisogno di più coesione sociale e più vigilanza, l'una e l'altra.
  Adesso che il suo ricordo è lontano, ci manca persino il Festival del giornalismo. Tornati ai consueti problemi quotidiani, spariscono gli orizzonti nuovi, le emozioni delle parole, la curiosità per le grandi storie. E' così che Perugia si rende conto di saper dare il meglio di sé nei grandi eventi, con i suoi giovani studenti, i due teatri dagli stucchi dorati, le prospettive metafisiche di Corso Vannucci, l'aria cosmopolita e i mille linguaggi.
  I grandi eventi esaltano la città, la quotidianità la deprime. E' questa la malattia di Perugia, il vivere difficile di tutti i giorni, l'incapacità di tornare ad essere il luogo della normalità dopo le prime pagine dei giornali e il bel vestito della domenica. L'immagine che Perugia ha offerto sugli schermi di Sky, semplicemente mostrandosi dall'interno del suo teatro, rimargina le tante ferite che ci portiamo dietro e ripropone agli italiani l'idea della città che tutti vorremmo conservare. Il posto privilegiato di tanti giovani, la capitale del pacifismo, la provincia che si mostra senza complessi e senza complessi guarda oltre le sue mura dopo i sensi di colpa coltivati con il delitto di via Sant'Antonio e il corpo martoriato di una giovane inglese.
  Gli studenti ed anche i giovani che studiano o si muovono nel complesso mondo dell'informazione sono stati i protagonisti straripanti dei cento incontri della settimana, impossibile trovare posto, difficile inserirsi. E' stato il festival dei giovani e questa è, probabilmente, la carta vincente. I giovani, gli studenti che riempiono le piazze e i teatri, il vento del futuro. Ma studenti arrivano, restano per un periodo della loro vita e poi se ne vanno. La città si adegua ai loro bisogni, ai loro consumi, al loro modo di vivere e persino, sia pure con grande disagio, ai loro orari.
  Perugia non è comunque la città degli studenti, ma più semplicemente dei giovani. Ci sono quelli che abitano nella case in affitto del centro storico e non lontano dalle loro facoltà e poi i giovani giovani, cioè i liceali che scoprono la movida e le prime trasgressioni collettive, e tutti gli altri, i più grandi, che cercano un lavoro e un senso per la loro vita dopo aver vissuto gli anni della scuola e averli in parte già dimenticati. Una realtà complessa, difficile da capire per chi guarda dalle finestre della propria casa. Di sicuro, far convivere l'esodo verso il centro di tanti bisogni diversi con quelli dei residenti è impresa assai difficile.
  Adesso c'è chi propone un altro catalogo, un'altra narrazione per le notti perugine. Vari soggetti privati, associazioni, gli stessi locali della notte e persino un sindacato di polizia, provano a cambiare le cose con un ritardo pazzesco e tanta buona volontà. Ognuno può capire le difficoltà dell'impresa. La sensazione è che una iniziativa concepita nel cuore di un'emergenza e per far fronte allo sconcerto crescente della città, possa produrre il beneficio di un palliativo, il risultato di una modesta riduzione del danno.
  E' inutile ricordare che in estate non c'è solo Umbria Jazz, ma il cinema al Frontone e in altre zone del centro, c'è il teatro all'aperto, conferenze, concerti. Non tante cose, ma neppure nulla. I diversi pacchetti proposti da Palazzo dei Priori per la notte in centro, in accordo con i privati, non hanno sconfitto in questi anni la fatale e primaria attrazione per l'alcol e tutto quello che viene dopo. come mai? occorrerà rifletterci.
  Chi non vede la città dei conflitti, l'invivibilità di tante zone del centro storico in prossimità, soprattutto, dei locali notturni, l'aggressività e, talvolta, le minacce di qualche gruppetto reduce da pesanti bevute non ancora smaltite, il degrado causato da troppa gente che non rispetta la città e chi la abita, vuol dire semplicemente che non vuol vedere e non capire. Chi sostiene che nel centro, non esistono problemi di ordine pubblico non sa di cosa parla. Siamo, sino a prova contraria, la capitale del traffico della droga nell'Italia che oggi chiamano di mezzo, il luogo di attrazione per tutti coloro che frequentano le discoteche del territorio e i locali altamente specializzati nell'offerta di birra ed alcolici vari. Abbiamo creato un mercato in tanti anni di crescita felice e incosciente, e un modello, che ora si deve soddisfare e alimentare. Tutto questo mentre la città assiste silenziosa e rassegnata alla fuga delle famiglie, alla chiusura dei cinema, allo spegnersi flebile nelle vie di ogni vitalità sociale.
  Il fatto è che tutti si preoccupano del tempo libero e, quindi, dei modelli di consumo e molto poco del mestiere di vivere. I giovani non troveranno il loro futuro nelle pieghe della notte, ma nel giorno dove si incontrano i mille problemi della vita che non si possono affrontare guardando semplicemente nel fondo di un bicchiere.
                                                                    
                                                                 renzo.massarelli@alice.it  
 
  
 (Pubblicato sul Corriere dell'Umbria sabato 8 maggio 2010)
  
 

Renzo Massarelli

Inserito martedì 11 maggio 2010


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