22/12/2024
direttore Renzo Zuccherini

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IL GAROFANO ROSSO

  Oggi è festa, oggi è festa, oggi è festa. Dovremmo ricordarlo a noi stessi almeno tre volte come in un atto di liberazione e di libertà. Dovremmo farlo per rispetto ai nostri padri e al loro garofano rosso che si mettevano nell'occhiello della giacca la mattina del primo maggio, prima di uscire di casa e andare in piazza non per una manifestazione di protesta ma per festeggiare con i loro amici, compagni di lavoro, donne e bambini e per conoscere altre persone, per salutarle e scoprire che il mondo è grande e che ci sono tante storie da scoprire e tanti volti nuovi ai quali sorridere e stringere la mano. Oggi una cosa simile si fa solo in chiesa ed è un peccato che non sia diventata un modo di fare in tutte le feste laiche e cattoliche, ad ogni appuntamento collettivo.
  Il primo maggio non è soltanto una festa, ma una conquista civile, come le otto ore, il diritto alla salute, all'istruzione, alla libertà di informazione. Non è stato un regalo ma una conquista dei nostri padri o dei nostri nonni, di quelli che non ci sono più ai quali oggi dobbiamo rispetto e regalare un ricordo particolare. La storia siamo noi, oggi, e dobbiamo guardare avanti per difendere tutti i valori ai quali non si può rinunciare. La festa del lavoro è anche la festa di quelli che un lavoro non ce l'hanno o l'hanno perduto e non è soltanto la festa degli operai, ma dei coltivatori, dei commercianti, degli avvocati e dei notai, degli artigiani e delle commesse e dei precari. Il lavoro è la nostra stessa identità personale e la nostra dignità di uomini perché gli uomini lavorano non solo per se stessi ma anche per tutti gli altri. Il lavoro, lo sappiamo, è il nostro diritto più grande perché è scritto nel primo articolo della Costituzione. Diritto costituzionale.
  Ci sono stati anni, non solo quelli della dittatura, ma anche dopo, durante la rottura determinata dalla guerra fredda, in cui festeggiare il primo maggio non era così semplice. Non c'era nessun divieto, ma restava la paura di esporsi, di sentirsi isolati insieme a pochi amici. In un quartiere di Terni gli operai delle acciaierie si riunivano in campagna, sotto l'ombra di un grande uliveto. Festeggiavano con un bicchiere di vino e una ciambella al formaggio e poi qualcuno parlava.
  Non dobbiamo più guardare al passato? e perché? il passato custodisce la chiave del nostro futuro. Senza quella chiave non sapremmo dove andare. Non lavorare nel giorno della festa non è uno spreco ma una monetina conservata nel salvadanaio, una risorsa per il domani. Che modernità e che progresso è il nostro se non possiamo permetterci di non produrre e guadagnare neanche per un giorno, e qual è la ricchezza, il benessere che non ti consente di fermarti mai, di correre sempre. Il mondo di chi non si ferma è il mondo dei poveri, di chi non ha risorse materiali e morali. Correre sempre è come stare sempre fermi, produce gli stessi risultati, regala lo stesso senso di vuoto. Non tutti lo capiscono e non si può obbligare nessuno a condividere con gli altri un giorno di festa. Siamo tutti liberi di scegliere, ma la decisione del Comune di Perugia di consentire l'apertura dei negozi è francamente imbarazzante, soprattutto per la sua motivazione. Il consumo, il comprare, cogliere l'attimo fuggente del turismo, aspettare il cliente sempre e comunque. Naturalmente alcuni servizi una città deve garantirli ai residenti e ai turisti, non solo quelli essenziali, ci mancherebbe, ma tutto questo non dovrebbe entrarci con la crisi economica o le difficoltà del commercio che non si risolvono, di sicuro, il primo maggio.
  Lo sappiamo che il lavoro nella società complessa non consente pigrizie mentali né rigidità di carattere ideologico. Non è questo. Vorremmo soltanto essere liberi di poterci togliere di dosso l'etichetta di consumatori. La decisione del Comune di Perugia ha un valore simbolico ed è, in questo caso, una decisione sbagliata. Essa ci dice che non c'è differenza nel linguaggio della politica e che nel palazzo che è di tutti non ci sono valori da comunicare ma solo convenienze e opportunità.
  Oggi pomeriggio i sindacati hanno organizzato l'incontro principale della regione a Terni, davanti ai cancelli di uno stabilimento minacciato di chiusura. Tutto questo non basterà a risolvere il problema della disoccupazione ma ci dice comunque che nel giorno della festa del lavoro il posto in prima fila spetta a chi rischia di perderlo. Il primo maggio è anche il giorno dei concerti, quindi della musica che è il linguaggio che non si deve tradurre e che non conosce barriere. Tutti la possono capire. Questo a Perugia, in piazza IV Novembre. E poi c'è l'appuntamento di Spina, la piccola frazione vicina a Marsciano dove il terremoto ha lasciato segni pesanti. La narrazione della nostra vita e dei nostri problemi segue oggi un linguaggio simbolico e leggero come i pensieri che corrono liberi nel giorno del riposo. L'augurio più forte è per quelli che oggi devono lavorare per tante ragioni diverse e per tutti quelli che non possono festeggiare per tante ragioni diverse, anche loro. E questo è il giorno del Primo Maggio e del garofano rosso dei nostri padri che ci guardano, in qualunque posto si trovino oggi.
                                                            
                                                         renzo.massarelli@alice.it 
    


Renzo Massarelli

Inserito sabato 1 maggio 2010


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