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Dedicata a tutti i simpatici amministratori...
Dedicata a tutti i simpatici amministratori...
La storia di Rachel morta a 13 mesi, e delle mense di Adro, e del clima di segregazione ed esclusione che si respira in Italia - con una poesia di Bertolt Brecht
La sera del 3 marzo, la piccola Rachel, 13 mesi, ha dei violenti attacchi di vomito. Al pronto soccorso di Cernusco sul Naviglio, il medico la dimette subito. Ma alle due di notte il padre torna al pronto soccorso: la bimba sta sempre peggio. Il personale risponde che "la bambina ha la tessera sanitaria scaduta, non possiamo ricoverarla e neanche visitarla di nuovo". Infatti il padre, Tommy Odiase, nigeriano, ha un permesso di soggiorno scaduto perché disoccupato. Poche ore dopo, la piccola Rachel muore. Ora la Procura indaga per "omicidio colposo". Riprendo la notizia dalla pag. 18 dell'Unità del 15 aprile (un mese e mezzo dopo il tragico episodio). Non l'ho vista o sentita altrove. Ma è l'apice dell'applicazione delle sciagurate norme segregazioniste che oggi hanno vigore in Italia. Intanto, un po' più scalpore (ma neanche tanto) hanno suscitato le esclusioni di bambini dalle mense per morosità dei genitori. Si tratta per lo più di bambini di famiglie straniere, ma ormai tra di loro ci sono anche molti bambini "italiani" o "padani". Si comincia a colpire il diverso, il più debole, e pian piano si restringe l'area dei diritti e della vita civile. Come sintesi del clima attuale, Giancarlo Cavinato ci manda una poesia di Brecht, con dedica.
Dedicata a tutti i simpatici amministratori di Montecchio maggiore, Adro, Verona, al dirigente scolastico di Pordenone, alle loro cure per i buoni mensa, per i costi dei trasporti, per chi ha di più e può di più, per separare il grano dal loglio, l'erba buona dalla zizzania. Ma dedicata soprattutto ai bambini e alla bambine, ai ragazzi e alle ragazze, alle loro famiglie che hanno subito questa vergogna. Perché siamo in Italia nel 2010 e non nella Spagna franchista o nel Cile di Pinochet, nonostante si stenti a crederlo in questi giorni tristi. E dedicata a quell'imprenditore coraggioso a cui il sindaco vuol mandare le fatture dei pasti direttamente a casa. Giancarlo Cavinato
I bambini giocano
I bambini giocano alla guerra. E’ raro che giochino alla pace perché gli adulti da sempre fanno la guerra, tu fai ‘pum’ e ridi; il soldato spara e un altro uomo non ride più. E’ la guerra. C’ è un altro gioco da inventare: far sorridere il mondo, non farlo piangere. Pace vuol dire che non a tutti piace lo stesso gioco, che i tuoi giocattoli piacciono anche agli altri bimbi che spesso non ne hanno, perché ne hai troppi tu; che i disegni degli altri bambini non sono dei pasticci; che la tua mamma non è solo tutta tua; che tutti i bambini sono tuoi amici. E pace è ancora non avere fame non avere freddo non avere paura