Perugia non è una città per vecchi, anche se è abitata da persone anziane e non è neanche una città per famiglie, per questo ha perso la sua identità e si è adagiata in basso, sparpagliata un po' a caso cancellando i campi verdi che nel passato accompagnavano i viaggiatori lungo le strade del contado. E' così che la vita del centro storico è condizionata dai bisogni, dai desideri, dai sogni, dai consumi dei giovani. Abbiamo un numero infinito di pizzerie, stuzzicherie, birrerie, enoteche, e locali notturni, tanti locali notturni. Troppi per un centro storico come quello di Perugia. La felice convivenza del passato tra studenti e famiglie si è trasformata con il tempo in una cosa molto diversa. Ormai ci sono due mondi che vivono accanto ma non si parlano e molto poco si conoscono. Non si tratta soltanto di studenti. La notte, i giovani della periferia che vivono in quartieri privi di socialità salgono in centro alla ricerca di un mondo più desiderabile. Che non trovano. Chi sono i giovani della notte? difficile capirlo, in fondo non sembra necessario. Consumano, e questo basta. I giovani non come risorsa ma come convenienza, occasione di guadagno e molto meno di ricchezza sociale. Da troppo tempo la città sopravvive dentro questa frattura e non guarda e non riflette. Tira a campare. Di sicuro, i problemi che fermentano dentro le sensibilità frantumate nelle periferie senz'anima, si scaricano la notte nelle piazze del centro. Non si tratta di studenti, ma dei figli di questa città, di profughi invisibili alla ricerca di un senso di appartenenza. Non è la prima volta che tra il popolo della notte e il resto del mondo si accendono scintille. Il conflitto è la condizione permanente di ogni notte perugina. Lo sanno bene i residenti che vivono nelle strade della movida e che vedono le loro ragioni ignorate in una città senza regole. Chi vive nella città ha pochi diritti e nessuna comprensione perché più forte è la ragione del profitto di chi vende sogni dentro un barattolo di alluminio. E' sorprendente che solo ora ci si accorga che di notte la piazza monumentale della città è zona franca, inaccessibile anche alle forze dell'ordine. Non lo sapevano già i sindacati di polizia e tutte le altre istituzioni? Gli abitanti di questa città che hanno necessità di tornare a casa tardi sanno bene che per attraversare gli spazi incontrollati della notte con la propria auto occorre essere molto prudenti e anche un po' fortunati. Parlare di "frange di teppisti" non ha molto senso. Se così fosse, due auto della polizia non dovrebbero avere problemi. Non esiste in questa città la capacità di affrontare quattro giovani persi nel silenzio della notte? Il fatto è che il compito di far tornare territorio di tutti quello spazio di nessuno davanti e dietro il duomo e poi un po' tutto il centro storico non è dei poliziotti ma dei giovani stessi. Sono loro i proprietari legittimi di quelle scale e di quelle piazze, gli eredi del nostro passato. Quella che si ritrova davanti alle birrerie prima e dopo il tramonto, prima e dopo le ore piccole, non sembra però una comunità ma una folla solitaria. I giovani cercano la notte perché il giorno è di altri. Per questo la loro è una solitudine collettiva, la solitudine di una generazione senza appartenenze, orfana. A questa generazione così preziosa nessuno chiede nulla e nessuno offre nulla. Al massimo, un aperitivo. "Non vogliamo blindare la città" dice il nostro sindaco. Giusto, ma la città è blindata quando è solo frequentata e non vissuta, usata e così poco rispettata. Evitare la desertificazione? e come, aprendo altre birrerie? una città può essere deserta anche se molto affollata. A noi serve una città viva, non un posto dove le persone guardano solo il fondo del loro bicchiere. Certo, lo sappiamo, la maggioranza dei giovani non è così, però il centro, di sera, questo offre. Nel migliore dei casi. Adesso non basta sistemare la propria coscienza offrendo tanta solidarietà alle forze dell'ordine. La solidarietà non costa nulla mentre costa tantissimo cercare di capire, e questo è un altro compito che non spetta a qualche sindacato di polizia. Ricordare piazza Alimonda, insomma i fatti di Genova, non ha senso e chi l'ha fatto ha commesso un errore. Lasciamo stare Genova e lasciamo stare la politica che inevitabilmente adesso torna a parlarsi addosso. E lasciamo stare le guardie provinciali, per favore. Se fossero state utili davvero non si doveva aspettare, per impegnarle, dieci anni. Non abbiamo bisogno per risolvere i nostri problemi di mettere in campo, con tutto il rispetto, l'esercito di Franceschiello. Possiamo cavarcela lo stesso. Ciò che serve e ricostruire un tessuto sociale che riconosce e rispetta le proprie diversità. L'importante è non dormirci sopra altri dieci anni. Se così dovesse succedere, avremmo bruciato un'altra generazione e lo scopo della vita breve che resta ai più grandi, a quelli che vengono da più lontano. In una città che non è fatta per i vecchi e non ancora, purtroppo, per i giovani. renzo.massarelli@alice.it
(pubblicato sabato 10 aprile sul Corriere dell'Umbria)
Nome: MASSIMO Commento: ABITO NEL CENTRO STORICO DI PERUGIA E CONDIVIDO IN PIENO L'ARTICOLO VORREI LANCIARE UNA SOLUZIONE AL PROBLEMA ED E' CHIUDERE CANCELLARE LE UNIVERSITA' DI PERUGIA DOPO LA CITTA' RISORGERA' CON UN ECONOMIA IMPRENDITORIALE LOCALE, PERCHE' ATTUALMENTE LE UNIVERSITA' FUNGONO DA MINIERE D'ORO E LA CITTA' SENZA L'ECONOMIA DELLE UNIVERSITA' NON ESISTE PIU' O LE UNIVERSITA' O LA CITTA DEI CITTADINI.