16/07/2024
direttore Renzo Zuccherini

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Il partito del no

                         

Esiste davvero in città il cosiddetto partito del no? intanto esiste in consiglio comunale l'opposizione politica, ma quella forse è il partito del ni. Sul piano sociale operano a Perugia varie associazioni che lavorano in modo permanente sui tanti problemi della città e dell'ambiente, o comitati che nascono in occasioni particolari e che poi, esaurita la loro motivazione estemporanea, spariscono all'orizzonte dei loro borghi, associazioni di altro tipo che somigliano a dopolavoro che svolgono attività legate al tempo libero. Perugia ne è piena. Adesso, per esempio, va di moda il burraco, piacevole gioco delle carte. Ci sono club che organizzano dibattiti seguiti dalla cena sociale. E' questo il modo di vivere di ogni città che cerca una visibilità, una identità culturale attraverso le varie forme dell'associazionismo, dal volontariato ai gruppi di interesse, di categoria, di mestiere. Una rete complessa. A Perugia ancor più complessa che altrove.
  Per il capo del governo esisterebbe, per esempio, il partito del fare e il partito delle parole. Formula che, grazie alla sua inimitabile mimica professionale, risulta, del punto di vista della propaganda, particolarmente efficace. Anche da noi c'è una speciale traduzione di questa filosofia dal tratto berlusconiano che tende a negare la funzione, spesso critica, di quelle associazioni che non si intendono di burraco e che non si limitano alle cene sociali. Il partito del no, appunto. Per arricchire questa scuola di pensiero con argomenti particolarmente convincenti si tirano fuori dal cassetto dei ricordi alcune iniziative contrarie alla chiusura di corso Vannucci al traffico o alla costruzione delle scale mobili nella Rocca paolina. Siamo sempre lì. Roba di quaranta anni fa. Quelle iniziative rappresentavano gli umori e i limiti culturali di un certo blocco sociale e politico, niente a che fare con le associazioni di oggi che non si oppongono di sicuro alle isole pedonali ma chiedono, al contrario, di non sprecare più territorio con la cementificazione intensiva, fondi per grandi opere spesso inutili, progetti dalla dubbia efficacia. Da questo versante, il partito del no non si riesce a trovare, mentre ci rendiamo conto di camminare talvolta in una sdrucciolevole strada fatta di conformismo e piccole  convenienze, qualche volta anche di grandi convenienze. Grandi e sotterranee.  Esiste semplicemente un vasto movimento di opinione che chiede più attenzione ai problemi della sicurezza e della legalità e alla qualità della vita urbana, che propone più parchi e piazze e meno centri commerciali. Ha torto o ragione? Chissà. Può, comunque si voglia leggere questo fenomeno, un'amministrazione locale non rispondere e non dialogare con associazioni che parlano di ambiente, di socialità e di partecipazione?
  La storia di Perugia è piena di movimenti di popolo che si opposero al potere con molta più energia delle associazioni dei tempi nostri. Sono i cittadini di questa città che distruggono "la più bella fortezza che fosse in Italia", quella di Porta Sole, costruita nel 1371 da Matteo Gattaponi, a distanza di soli cinque anni dalla sua ultimazione. Un'opera fantastica, con una strada carrabile che volava leggera sopra i tetti dell'attuale via Pinturicchio, con i suoi ponti levatoi e il cassero con sei torri maestre, un ardito camminamento tra il duomo e Porta Sant'Antonio. Quasi due secoli più tardi arriverà la Rocca Paolina, altre linee e altra mole e per quella ci sono voluti tre secoli e non cinque anni per trovare il modo di cancellarla. Se Perugia le avesse conservate, oggi sarebbe una delle città più attraenti d'Europa, più di quanto non sia già oggi o potrebbe essere ancor più domani se si volesse camminare sulla strada giusta. Quelle due rocche suscitarono l'avversione del popolo non soltanto perché rappresentavano il potere oppressivo della Roma dei Papi, ma anche perché venivano imposte d'autorità in una città dove i cittadini potevano discutere in piazza con i capomastri e i grandi architetti e, infine, perché la Perugia di quei tempi non sopportava grandiosità fuori scala che rompessero l'equilibrio tra i volumi edilizi e il virtuoso rapporto identitario tra città e residenti. Questi erano i problemi della democrazia e del potere sette secoli fa. Siamo tornati indietro? la complessità della vita contemporanea impone la riduzione dei diritti di cittadinanza e nuovi e più sofisticati mezzi di dominio?
 Nella Perugia dei Consoli si poteva governare per pochi mesi, oggi è un problema chiedere a un amministratore di lasciare il comando dopo dieci anni. E ancora. E' delitto di lesa maestà avere opinioni diverse da quelle di chi decide, sia pure per democratico consenso, sulla situazione del centro storico, sul degrado sociale di non poche zone della città nuova, su progetti fondati sulla retorica delle grandi opere che ci ricordano le rocche costruite fuori scala nella città che, nella storia, è stata così bella perché ha rispettato se stessa e la sua identità così unica?
   Una delibera della Giunta comunale approvata giovedì sembra voler aprire gli occhi su questioni poste da molto tempo dal cosiddetto partito del no, come il problema dello spopolamento dei residenti, la perdita di funzioni del centro storico, la crisi del commercio, l'inarrestabile fenomeno della trasformazione di cantine e garage in bassi levantini. Speriamo non sia troppo tardi. Una delibera è come la prima rondine di primavera. Sarebbe importante e utile per tutta la città aprire un confronto aperto sul nostro passato prossimo e sul futuro che ci aspetta, così, senza pregiudizi, con i figli di quei lontani genitori che parlavano con gli architetti.

                                                
                                               renzo.massarelli@alice.it
(pubblicato sabato 20 febbraio sul Corriere dell'Umbria)
   



Renzo Massarelli

Inserito mercoledì 24 febbraio 2010


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