22/12/2024
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I due cinema che resistono
Talvolta basta una scintilla per sconvolgere il mondo, o dieci giorni soltanto. Non è questo il cinema?

  Una volta era il più piccolo della città e il più disagevole, perché fuori le mura. Fuori le mura voleva dire molto lontano. Oggi è l'unico sopravvissuto, con il piccolo e molto amato teatrino di Porta Sant'Angelo che fa lo sberleffo alle multisale moltiplicando i suoi cento posti con la proiezione di tre film nel corso della giornata,  e così coltiva con gradevolissimo stupore la propria condizione di monopolio, condivisa con il fratellino del borgo d'oro, conquistata sul campo senza combattere. Gli avversari, benché più grandi e potenti, hanno tirato le tende, in attesa di improbabili e costose ristrutturazioni, ognuno con la propria storia diversa. Il Pavone, il Lilli, il Turreno...
  Oggi si chiama Zenith, ma per molti è ancora il San Girolamo, il vecchio cinema parrocchiale che si divideva tra film popolari ed altrettanto popolari rappresentazioni teatrali, in quella zona franca di Borgo XX Giugno sempre uguale a se stessa e un po' fuori dal tempo con quel piazzale del Carattoli, il convento e la sede del cinema abitato sino al Cinquecento da frati che assistevano gli appestati.
  Oggi lo Zenith, a dieci anni dalla chiusura del Modernissimo, è il locale privilegiato per i film d'autore, custode insostituibile di tutte quelle pellicole che non troverebbero posto nelle pur spaziose sale di Centova e Corciano. Del Modernissimo ha ereditato i film di qualità ed anche il pubblico, che è lo stesso, solo con dieci anni di più sulle spalle, la temperatura spesso frizzante e i vecchi parsimoniosi termosifoni di ghisa. Lo Zenith è oggi la testimonianza più preziosa di ciò che resta della vecchia parte della città che continuiamo a chiamare centro storico con sempre meno convinzione, non perché non lo sia, ci mancherebbe, ma perché ne parliamo sempre come se fosse un vecchio malato, bisognoso anch'esso di essere ricoverato in quei vecchi conventi di Porta San Pietro. Il fatto è che al suo capezzale ci sono troppi dottori e una mole di diagnosi e di terapie contraddittorie e, così, alla fine, inefficaci.
  Lo Zenith, non è un cinema per famiglie, ma per mature coppie o per amiche che si accompagnano a vicenda, anche se Corso Cavour non è un posto pericoloso, e pochi giovani. Così, come una volta al Modernissimo, si ritrova, anche senza conoscersi, quella comunità che ha scelto come luogo di residenza questa parte così bella e così scomoda della città e così faticosa, la sera, da attraversare lungo le interminabili scalette di Sant'Ercolano. E non è affatto vero che gli spettatori dello Zenith non si conoscono. Il fatto è che si conoscono, anche se non si sono mai parlati. E' una comunità silenziosa e solidale che è perfettamente consapevole di condividere gusti, sensibilità culturali, emozioni, dentro una vecchia sala parrocchiale. E' la città come era una volta, solo più povera di residenti tradizionali. Lo Zenith è importante anche perché invita le persone a non pensare, come una magnifica ossessione, solo allo spazio esclusivo del Corso e delle strade vicine, ma a muoversi lungo i borghi. I tanti medici amorosi protesi al capezzale del centro sfornano ripetutamente progetti terapeutici per i luoghi privilegiati del turismo frettoloso. Succede così in tante città d'arte. A Firenze come a Venezia o a Roma ci sono degli itinerari obbligati, simboliche autostrade pedonali dove la folla si incammina verso i simboli più famosi della città. Tutto il resto è noia, cioè, non esiste. Così dobbiamo parlare di nuove scale mobili e di improbabili finanziamenti, di via coperte con mirabolanti macchine volanti e, soprattutto, di mercato coperto, di quel luogo lasciato morire da una disattenzione durata trenta anni e ora ripensato come un grande supermercato, mentre i cinque borghi restano distanti, dimenticati, e sempre più deserti, anche se è lì che vive silenziosa e un po' appartata la comunità dello Zenith, cioè i residenti stabili, gli unici che hanno mantenuto un senso di appartenenza con la città e i suoi luoghi. Vogliamo ricordare, ad una settimana dalla sua scomparsa, Raffaele Rossi? con questa frase: "La città morta non è solo Pompei pietrificata dalla lava. Può esserlo anche uno spazio molto usato, usurato e non vissuto ove, chiusi gli uffici e le aule universitarie, abbassate le saracinesche dei negozi, cessa la vita ".
  In confronto ad altre regioni d'Italia, ha scritto Aldo Capitini, l'Umbria può apparire troppo raccolta in sé, troppo avvolta nel silenzio, troppo pura e "contemplativa". Ma c'è una forza dentro. Questa era la nostra regione mezzo secolo fa, ma certi segni identitari non cambiano. Anche Perugia, nonostante le tante rivoluzioni urbanistiche e i tanti empori anonimi del commercio di massa, questa forza non l'ha del tutto smarrita. Per questo lo Zenith, che ha resistito sempre uguale a se stesso, cambiando semplicemente il nome, ora è uno dei luoghi più moderni della città. Perché? perché conserva i film più belli, il senso comunitario, la cultura che si può talvolta smarrire. In certe serate, al centro della piazzetta semicircolare di San Girolamo, c'è una lunga fila in attesa. E' vero, non possiamo non pensare che questo è l'unico porto, con Sant'Angelo, che non ha chiuso i cancelli, l'unico negozio dove, con la tessera, si può trovare ancora un chilo di pane. Ma c'è, e non è scontato che debba per sempre restare l'unico. Talvolta basta una scintilla per sconvolgere il mondo, o dieci giorni soltanto. Talvolta questa scintilla combina dei disastri, altre volte illumina il cielo, come la notte di Natale. Non è questo il cinema?

                                        



Renzo Massarelli

Inserito lunedì 15 febbraio 2010


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Commenti

Nome: Rita
Commento: Nulla da aggiungere all'articolo 'amico'di Renzo Massarelli sui 2 cinema che resistono: solo ringraziarlo. Faccio parte da sempre di quella comunità di cui lui, con grande sensibilità parla e, ora, quando andrò al cinema con le sue parole dentro, mi sentirò più partecipe di questa 'minoranza' silenziosa e resistente, orgogliosa e testarda che lotta, con la sola arma della partecipazione, per la qualità della/nella propria città.

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