Raffaele Rossi ci ha lasciato
Una vita dedicata alla democrazia - LEGGI IL COMMENTO
(nella foto, Raffaele Rossi a un convegno in difesa della Costituzione)
Questa mattina, domenica 7 febbraio, è scomparso Lello Rossi, figura di primo piano della democrazia perugina. Di lui vogliamo ricordare la testarda volontà di capire il mondo per cercare sempre di introdurvi elementi di critica, per spingere verso l'uguaglianza e i diritti. In questi ultimi anni, è stato tante volte presente alle discussioni sulla città di Perugia e il suo futuro, condividendo e criticando, e soprattutto ristabilendo sempre il filo della coscienza storica di una città che si riconosce nei suoi momenti migliori allorché il popolo riprende l'iniziativa e scardina le forze del potere: la Perugia della libera Repubblica nel Medioevo, così come la Perugia del XX Giugno e quella della Resistenza antifascista. Tante volte ci siamo trovati a confrontarci con lui sull'idea di città, trasferita nella concretezza della polemica sui progetti urbani, a difesa della città delle persone e delle relazioni contro l'idea di città delle merci e della speculazione. Fino all'ultimo ha voluto svolgere questo ruolo: solo pochi giorni fa, il 25 gennaio, avrebbe dovuto essere con noi al Morlacchi per parlare di Brenno Tilli, figura emblematica della cultura artigiana e libertaria di Perugia, e malgrado la malattia ha voluto mandare un suo contributo. La Tramontana aveva subito pubblicato tale intervento, e vogliamo riprodurlo anche qui di seguito, come lascito per tutti noi: esso termina con le parole:
Io sono un vecchio pessimista, ma combattivo: i tempi saranno più o meno lunghi, ma è sempre viva la speranza per una società più giusta e fraterna.
Lo diciamo senza retorica: Lello Rossi ci mancherà, mancherà a Perugia la sua parola e la sua riflessione.
Brenno Tilli, anarchico libertario che leggeva gli scritti di Capitini Il Signor No nella storia perugina del Novecento
(Pubblichiamo l'intervento scritto cheRaffaele Rossiha inviato in occasione della serata che l'Accademia del Donca ha dedicato alla figura di Brenno Tilli, litografo e libertario):
Nell’impossibilità ad essere presente per il peggioramento delle mie condizioni di salute, che mi impediscono di camminare e di parlare, affido a queste poche considerazioni il mio pensiero sulla nota vicenda di Brenno Tilli. Nelle poche righe inviate a Sandro Allegrini, dopo aver espresso sorpresa e indignazione, concludevo con una frase: la città sta perdendo la sua memoria storica. Tale frase il quotidiano non l’ha pubblicata. Ed ha fatto bene perché poteva sembrare una eccessiva generalizzazione di un episodio. Voglio però tornare su questo problema della memoria della città. Lo storico inglese Tony Judt ha pubblicato nel 2009 per la Laterza “L’età dell’oblio” e scrive: “Non abbiamo fatto in tempo a lasciarci alle spalle il ventesimo secolo che i suoi dissidi, i suoi disegni, le sue paure stanno scomparendo nel tempo dell’oblio”. Quale sia la ragione per cui il secolo terribile viene cancellato da una cultura tutta rivolta verso l’incerto e confuso avvenire, essa cancella anche nelle sue contraddizioni, in positivo e in negativo, lo sviluppo economico e gli ideali che dopo la Liberazione hanno realizzato la più avanzata Costituzione democratica. Il 1945-46 testimonia che l’elemento della continuità dei grandi poteri e dei grandi interessi è più forte della discontinuità e delle rotture di regime. Francesco Crispi, Benito Mussolini non erano caduti dal cielo a decretare la fine dello stato liberale che, privo dei consensi delle masse popolari, era destinato a scomparire nella dittatura. Nel 45-46 avviene la più grande rottura di regime politico, dalla dittatura alla democrazia, ma sappiamo che cosa è stato il secondo cinquantennio tra complotti, tentativi di colpi di stato, stragi, terrorismo: cancellare per dimenticare che siamo ancora dentro questa situazione e che il futuro sarà carico di problemi, di impreviste difficoltà. Per Hobsbwam il Novecento è il secolo lungo e lui valuta ciò in termini globali, ma il Novecento italiano è il secolo breve: finisce con il colpo di stato sui generis che è l’uccisione di Aldo Moro. Da allora l’Italia non sarà più quella di prima nell’economia, nella politica, nelle culture. Inizia la lunga transizione craxiana che sfocerà nel berlusconismo. Allora prendiamo la storia di Perugia e poniamoci il problema di chi sono stati i protagonisti di quella eccezionale rinascita democratica. Nel 1941, con la costituzione del Centro di Studi filosofici, presidente Averardo Montesperelli, con Capitini che rappresenta l’intellettuale perugino più avanzato del secolo, si realizza una cosa eccezionale, non realizzata altrove. Tutta la grande intellettualità antifascista italiana converge a Perugia in un’opera culturale che propone, mentre infuria la guerra, valori morali e diritti civili. Non sottovaluto l’opera degli esponenti liberali che il comando militare inglese mise alla testa delle istituzioni (Prefetto, Questore e Sindaco, tutti liberali, privi di un qualche consenso di massa), ma i protagonisti di quella rinascita sono i rappresentanti delle forze popolari, che in una trama di rapporti con gli intellettuali, danno nuovo senso alla partecipazione democratica. E tra essi alcuni personaggi, sottolineo la parola personaggi, come Luigi Catanelli, noto per la sua competenza linguistica, e Brenno Tilli, che, con il giornale “Il Buffone”, non ci stanno a dire che tutto va bene, e introducono una salutare criticità anche nei confronti dei comportamenti dei partiti. Il fatto che Benedetta Pierini abbia pubblicato questo bel libro che restituisce al “Signor No” la sapienza familiare dell’arte litografica (Brenno Tilli era un anarchico libertario che, guarda caso, leggeva gli scritti di Capitini sulla nonviolenza), ci induce a capire che nel recente passato ci sono principi e valori che servono per il presente. Io sono un vecchio pessimista, ma combattivo: i tempi saranno più o meno lunghi, ma è sempre viva la speranza per una società più giusta e fraterna.
Raffaele Rossi
Raffaele Rossi nasce a Perugia nel 1923 nel borgo di Sant’Antonio, da una famiglia operaia dove è cresciuto durante gli anni del fascismo. Dal 1942, dopo il conseguimento della licenza magistrale, insegna in numerosi comuni della Regione fino a quando gli accresciuti impegni politici lo costringono ad abbandonare la carriera scolastica e a trasferirsi da Perugia a Terni. Nel 1968 sarà eletto Senatore della Repubblica, carica che rivestirà fino al 1979 quando diviene Segretario Regionale del Partito Comunista e vice sindaco del Comune di Perugia. Viene eletto Presidente dell’ ISUC e gli viene affidata la direzione di collane editoriali importanti come La grande Perugia e Storia illustrata delle città dell’ Umbria, volumi che si segnalano per il ricco corredo di illustrazioni, riproduzioni fotografiche, e rare vedute d’epoca di Perugia.