I tetti di Perugia
...non hanno gli abbaini di Parigi, i colori d'oro di Vienna, i nuovi materiali di Barcellona...
I TETTI DI PERUGIA
I tetti di Perugia non hanno gli abbaini di Parigi, i colori d'oro di Vienna, i nuovi materiali di Barcellona. Hanno vecchi coppi pieni di muschio, dove passeggiano i piccioni. Perugia antica è una piccola città medievale ma, nella sua epoca d'oro, che è il Duecento, aveva più abitanti di gran parte della grandi capitali europee. Nel Settecento e nell'Ottocento i viaggiatori del Grand Tour, il meglio della cultura europea, non si avventuravano nemmeno nei vicoli, troppa salita, troppa sporcizia, troppo vecchiume. Cercavano il Perugino, certo, anche se non tutti lo amavano, ma poi correvano a visitare le tombe etrusche. In Umbria, l'attrazione più grande era la cascata delle Marmore. Charles Dickens, a metà dell'Ottocento, a Perugia non si ferma nemmeno, vede solo galline, anatre, oche e tanti altri animali, solo animali. Per fortuna poi le cose sono cambiate, si capisce, e oggi non si può dire che gli stranieri non ci amino. Abbiamo anche una università tutta per loro. Di recente abbiamo meritato l'attenzione di due grandi architetti europei e così possiamo sentirci un po' meno provinciali. Del resto l'attenzione è ricambiata. I nostri amministratori organizzano ripetutamente viaggi a Barcellona, per capire come si fa. L'ex sindaco Locchi preferiva invece Parigi che è diversa dalla nostra città solo per un paio di vocali. Così ora, per portare aria fresca nella vetusta immobilità pur così fantasiosa e irripetibile della minuta edilizia medievale che continua a rappresentare per noi inguaribili conservatori il più importante monumento di Perugia, accanto a quelli propriamente detti, si capisce, hanno deciso di puntare sui tetti. Il primo tentativo, bisogna riconoscerlo, non sembra aver prodotto grandi risultati. L'hanno fatto a palazzo Grossi, in piazza Morlacchi e ci hanno messo gli uffici del Comune. Dovrebbero farlo vedere ai nostri ospiti stranieri, così, tanto per vedere l'effetto che fa aver modificato con un monolite nero la linea del cielo oltre l'orizzonte della città "alta su due colli" ed anche a tutti gli architetti e ingegneri di casa nostra che - a quanto pare - non si sono accorti di nulla. Ci dicano cosa pensano di Palazzo Grossi e dopo, solo dopo, impartiscano al pubblico banali lezioni sulla storia dell'architettura italiana. Il professor Wolf Prix, autore del progetto per la copertura di via Mazzini sostiene che "Una società che ha rispetto e crede in se stessa, avrà rispetto sia del vecchio che del nuovo". Ci mancherebbe. Rispetto per il nuovo e per un grande autore come Wolf Prix. Solo che a Perugia non sempre i grandi progetti contemporanei sono riusciti come si sperava. A Fontivegge hanno chiamato un grande architetto italiano, Aldo Rossi, per disegnare la nuova piazza della città. Il plastico era bellissimo ma il progetto non è ancora stato completato. Dopo trent'anni. Quel che è stato fatto è esteticamente ineccepibile, una delle più belle prospettive postmoderne d'Italia. Ma non funziona e non ci va nessuno. Perché? Per questo, viste le esperienze del passato, non si tratta di mancanza di autostima, ma di sana prudenza umbra. La spinta a una auspicabile e necessaria modernizzazione poteva essere soddisfatta prima di tutto in quel vasto territorio che assedia la parte compatta della città. Dove sta l'ingegno dei nostri ingegneri, architetti, costruttori, geometri, dopo trenta anni di incontrastata e modernissima cementificazione? Questa vasta intellettualità che ha lavorato ad un progetto che dovrebbe farci camminare nella storia non ci ha ancora spiegato come si fa a collocare oltre i tetti dei palazzi di via Mazzini un così sofisticato manufatto che possiede la straordinaria capacità di produrre energia eolica e solare quando i normali residenti del centro storico non possono, giustamente, collocare plebei ma meno costosi pannelli solari sui tetti delle loro case. Come si fa? si stabilisce una deroga? Certo che le domande non sono poche. Un'altra potrebbe essere alla portata di Fantozzi. Chi paga? la facoltà di ingegneria? il titolare della "Nova Oberdan"? la Fondazione della Cassa di Rispamio? la Camera di Commercio? chi mette sul piatto almeno dieci milioni di euro? il Comune di Perugia? Non lo sappiamo. Però, se qualcuno coprisse la posta vorremmo far presente che c'è qualche altra urgenza per il centro storico. Non potremmo completare, dopo così tanti anni di attesa, i lavori dell'auditorium di San Francesco? o magari costruire finalmente una multisala nei locali del Turreno? Al professor Wolf Prix non hanno detto che, a differenza di Vienna o anche dei capoluoghi minori della sua bellissima patria felice, non abbiamo neanche un cinema? E' vero, siamo una città moderna piena di multisale, stracolma di supermercati, ricca di outlet. Il fatto è che anche i progetti del centro tendono a soddisfare le stesse esigenze mercantili e consumistiche. Abbiamo non uno, ma diversi centri direzionali tutti rigorosamente lontani dal centro e spesso dal centro trasferiti. Oggi ci ritroviamo nella imbarazzante condizione per la quale "i luoghi del commercio stanno diventando i luoghi della vita urbana e i centri storici, persa la propria carica identitaria, divengono centri commerciali per turisti, dove la civis non riesce più a trovare un proprio spazio". Questa ultima riflessione è di Carlo Alberini, professore di urbanistica all'università di Firenze. Già, l'urbanistica. Ma che roba è?