Un viaggio intorno alla Terra
Intervista a Paolo Nespoli, astronauta ESA ingaggiato nella missione del modulo Columbus sulla Stazione Spaziale Internazionale
Alzasse la mano chi
non è curioso di scoprire cosa c'è al di là del pianeta Terra. Chi
non ha mai sognato la Luna o chi non si è mai travestito da
astronauta? I pianeti, le stelle, il cosmo, lo spazio: siamo quasi
tutti un po' incuriositi e allo stesso tempo affascinati da questa
incredibile realtà che circonda il nostro caro e delicato pianeta.
Per questo non abbiamo potuto evitare l'opportunità di fare qualche
domanda a Paolo Nespoli, membro di uno dei corpi di astronauti
dell'ESA (European Space Agency) che ha svolto un ruolo importante
nella storia della Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Portando
sul petto il simbolo della nostra bandiera tricolore, tra il 2007 e
il 2008 è stato protagonista insieme ad altri due astronauti ESA,
Hans Schlegel e Leopold Eyhats, nella discussa missione Nodo 2 con la
quale è stato messo in orbita il Columbus, modulo europeo
pressurizzato agganciato alla ISS e realizzato in collaborazione da
Alenia Spazio Italia e la tedesca EADS.
Lo abbiamo
incontrato al Nemo, il museo scientifico di Amsterdam dove era ospite
della conferenza sul ruolo dell'Europa nella ISS. Evento organizzato
dall'ESA insieme all'Istituto Italiano di Cultura per i Paesi Bassi,
ha visto la partecipazione di più di 200 spettatori tra studenti,
ricercatori e ingegneri. Molti di loro italiani, ma anche una viva
presenza di internazionalità.
Paolo, fare
l'astronauta è stato frutto del caso o una scelta?
“Fare l'astronauta
era il mio sogno da bambino. Mi ricordo le immagini in bianco e nero
di quelle due tutine bianche che saltellavano sulla Luna e mi
divertiva e affascinava allo stesso momento. A 25 anni, quando ho
lasciato l'esercito, mi sono ritrovato a pensare alla strada che
stavo percorrendo e a cosa in realtà avrei voluto intraprendere. Per
capire quale direzione volessi dare al mio futuro mi sono chiesto:
“Ma, qual era il mio sogno?”- e la risposta è stata proprio
“Fare l'astronauta!”. Ci sono voluti quindici anni per integrare
la mia preparazione e solo dopo il terzo concorso sono riuscito ad
entrare a far parte del team ESA. Spesso mi piace scherzare su questo
dicendo che probabilmente è più facile riuscire a fare il ministro
che l'astronauta!”
Dopo
lo scoppio dello shuttle nel 2003 le missioni spaziali sono forse
viste con un po' di terrore e sfiducia allo stesso tempo dagli
“abitanti della Terra”. Tu cosa pensi a riguardo?
“Le
ricerche di ingegneria aerospaziale hanno prodotto benefici tangibili
per la popolazione terrestre. Secondo alcune valutazioni, è stato
stabilito che il beneficio economico indiretto, fatto dalla
commercializzazione delle tecnologie sviluppate durante
l'esplorazione dello spazio da parte dell'uomo, dal 1961 ad oggi, ha
fruttato più di sette volte l'investimento iniziale. Sono stati
fatti passi da gigante e anche grazie a queste ricerche ci è stato
permesso di capire e conoscere molto di più il nostro pianeta.”
C'è mai stata
un'esperienza negativa nelle tue avventure “spaziali”? Vorresti
raccontarcela?
“Nello
spazio non ci sono esperienze negative perché ogni esperienza è una
novità. Certo, ricordo bene il mio primo ritorno dallo spazio... su
una cosa non ci avevano addestrato: il ritorno sulla Terra. Il mio
corpo quella volta si è ribellato alla gravità, ed è stata per me
una reazione inaspettata. Ho avuto nausea per 15 giorni. Era il 2007.
Ricordo che addirittura non riuscivo a tenere i piedi per terra. E'
stata una sorpresa, una reazione diversa da quella che mi aspettavo,
ma non la definirei un'esperienza negativa. Molti mi chiedono se
avessi paura di intraprendere quella missione...”
E avevi paura?
“Io
guardavo la terra da lassù e mi sentivo responsabile della mia
missione come rappresentante del mio Paese, non avevo né ansia né
paura. L'unica preoccupazione che poteva portarmi agitazione era la
coscienza di quello che manovravo, era la consapevolezza della
missione dell'equipaggio.”
Com'è
la Terra dallo spazio? E
come consideri il tuo pianeta quando sei in missione nello spazio?
“Effettivamente
la Terra dall'alto appare un po' come un cartone animato. Andare
nello spazio è stupendo anche per questo: si vedono i colori
bellissimi dei Caraibi, dell'Australia. Ho visto tutto il mondo in
243 giri, da un'ottica spaziale si intende... L'Italia riesco a
vederla per soli 15 secondi ogni volta e provo invidia per quelli che
sono lì a godersi questo pianeta mentre noi astronauti siamo in quel
momento in un ambiente sterile, ma ugualmente affascinante. E'
dall'orbita puoi ammirare la Terra in tutta la sua bellezza ma,
soprattutto, hai la possibilità di vedere con i tuoi occhi quanto
essa sia delicata rispetto agli altri pianeti: l'atmosfera è così
fine, ci distinguiamo per questo del resto! Pensare alla fragilità
del nostro pianeta dovrebbe far crescere in noi una matura
ambientale. Dobbiamo, e non dico dovremmo, pensare a valorizzare
questa bellezza conoscendola e prendendoci cura di quella che è...
la nostra casa.”
Quando poi torni
a casa trovi la tua esperienza da astronauta facilmente
condivisibile?
“In
aereo mi capita di dialogare spesso con gli altri passeggeri e di
solito mi presento come ingegnere. Quando poi durante la discussione
racconto quello che effettivamente faccio nella mia vita la gente è
sempre interessata. Si, ho sempre trovato un ritorno, probabilmente
perché quasi tutti sono pronti a sognare. Andando nello spazio ho
riconosciuto di aver realizzato un sogno, e mi piace condividerlo con
gli altri. Poi torno dalla mia famiglia, in Brianza, e lì sembra che
nulla sia mai cambiato, come se non fossi mai andato così tanto
lontano. Dallo spazio, in quei quindici secondi in cui vedo l'Italia,
mi tornano in mente i sapori, gli odori, ma soprattutto la gente.
L'umanità è sicuramente la più grande delle scoperte. E quando ho
voglia di sentire la voce dei miei cari, chiamo dallo spazio. Si, è
possibile, e mi è anche capitato di lasciare un messaggio in
segreteria telefonica: “Sto chiamando dallo spazio e tu non sei in
casa!”
Provo
ammirazione e invidia, e penso che prima o poi riuscirò a godermi
quei 365 giorni che mi spettano di vacanza per godermi fino in fondo
la terra.”
Cosa consigli
agli studenti che lavorano affinché possano anche loro realizzare il
sogno per il quale stanno sgobbando?
“Sicuramente
di continuare a sognare e, ovviamente, di continuare a lavorare con
tenacia. Se pensiamo che 30 anni l'aviazione era qualcosa per
ricchi.. Oggi ci sono migliaia di piloti al mondo e nel 1961 erano
solamente in due a sventolare quella bandiera sulla Luna. Si stanno
svolgendo moltissime e diverse ricerche, dalla costruzione di veicoli
allo studio di piani per alberghi spaziali. Tra qualche anno
venderanno lune di miele nello spazio! Ma allo stesso tempo, di
studiare per migliorare, di salvaguardare e ammirare il pianeta in
cui viviamo, e di goderselo. Prima o poi riuscirò anche io a godermi
quei 365 giorni che mi spettano di vacanza per godermi fino in fondo
il mio pianeta!”
Per sapere di più
La corsa allo
spazio
Fin dagli albori
della storia lo spazio, con la sua immensità e i suoi misteri, ha
affascinato l’umanità la quale ha cercato di comprenderlo a fondo
tramite strumenti sempre più sofisticati, dal telescopio galileiano
fino al satellite per l’osservazione dello spazio profondo Hubble.
L’esplorazione spaziale vera e propria ebbe un’evoluzione
incredibilmente veloce e vivace durante la Guerra Fredda, un
ulteriore sfida a livello geopolitico tra Unione Sovietica e Stati
Uniti: fu la cosìddetta “Corsa allo spazio”.
Dopo
il più che famoso allunaggio da parte della missione Apollo
11
nel luglio del 1969 le due superpotenze iniziarono a sviluppare i
loro programmi spaziali in direzioni diverse: gli americani
iniziarono a ricercare un mezzo di trasporto riutilizzabile e a basso
costo (che portò alla costruzione di una seria di Space
Shuttle)
mentre i russi si spinsero verso la creazione di stazioni spaziali
per poter prolungare la permanenza dei suoi cosmonauti nello spazio.
La
prima stazione spaziale fu messa in orbita nell’aprile del 1971
dall’Unione Sovietica, questa stazione (denominata Salyut
1)
aveva una lunghezza di 13 metri e permise ai cosmonauti della Sojuz
11
una permanenza di 24 giorni nello spazio; gli americani alla serie
Salyut
risposero con gli enormi Skylab
(erano circa tre volte e mezzo le Salyut
essendo derivate da una sezione del vettore Saturn
V)
che permisero svariati record di permanenza degli astronauti
americani. La competizione quindi fece diventare la serie Salyut
un’incredibile palestra per i cosmonauti e per gli ingegneri russi
che continuarono a lanciare in orbita versioni sempre più avanzate
fino all’inizio della costruzione in orbita della stazione spaziale
Mir.
La
stazione spaziale Mir
fu costruita tra il 1986 ed il 1996 ed è stata la prima stazione
spaziale costantemente abitata messa in orbita (i progetti
precedenti, sia americani che russi, non prevedevano una permanenza
continuata). Con i suoi 15 anni di operatività ha permesso a
scienziati ed ingegneri di capire e risolvere numerose problematiche
legate alla permanenza prolungata dei un essere umano nello spazio e
ha permesso di portare a termine esperimenti altrimenti impossibili
sulla Terra. Come succede spesso per le nuove tecnologie anche la
stazione Mir
iniziò a diventare obsoleta e costosa da mantenere, nacque così il
progetto della Stazione Spaziale Internazionale (o ISS dall’inglese
International
Space Station).
La Stazione
Spaziale Internazionale
La ISS è un
progetto congiunto di cinque agenzie spaziali: la NASA (Stati Uniti),
l’RKA (Russia), la JAXA (Giappone), la CSA (Canada) e l’ESA
(Europa). La ISS è il progetto più costoso fino ad ora intrapreso
essendo stimato un costo di circa 160 miliardi di dollari per la
costruzione ed ill mantenimento per una trentina di anni; questo ha
ovviamente generato molte critiche nel panorama politico
internazionale.
Una
volta completata, la gigantesca architettura orbitale (ancorata ad
una lunga trave orizzontale, alle cui estremità sono collocati i due
grandi gruppi di pannelli solari, e ad un traliccio verticale) sarà
costituita da moduli abitabili, alcuni con funzioni di laboratorio,
altri di alloggio per l’equipaggio, altri ancora di servizio e per
la logistica. La spina dorsale della stazione è costituita da tre
unità dette Nodi i quali sono elementi di interconnessione tra i
diversi moduli e punti d’attracco per i due elementi di rientro in
caso di emergenza. L’assemblaggio della struttura è sviluppato
attraverso numerose missioni con vettori (Shuttle,
Soyuz,
etc.) che, lanciati dalla Terra, trasportano i moduli, nell’orbita
prevista, a un’altitudine media di 350 km dal nostro pianeta.
Una volta completata
la stazione peserà all’incirca 450 tonnellate e permetterà la
sopravvivenza di sette astronauti in 1200 metri cubici di spazio
pressurizzato;
Il ruolo
dell'Europa nella ISS
Attraverso
l’ESA l’Europa è responsabile di due elementi vitali della
stazione: il laboratorio europeo Columbus e l’ATV (acronimo inglese
per veicolo di trasporto automatico). Il laboratorio europeo Columbus
rappresenta una sostanziale fetta delle capacità di ricerca
scientifica della stazione e permette lo studio della vita nello
spazio, del comportamento dei materiali e lo studio della
fluidodinamica in microgravità; l’ATV invece è un veicolo di
rifornimento portato in orbita dal vettore Arianne-5
e permette di portare nello spazio fino a 7,7 tonnellate tra
provviste per l’equipaggio, strumentazione scientifica e
propellente per la stazione. L’ATV una volta collegato alla
stazione utilizza i suoi motori per contrastare l’effetto del così
detto attrito atmosferico che altrimenti rischierebbe di danneggiare
se non distruggere la stazione stessa.
L’Europa in
effetti ha contribuito alla costruzione della maggior parte delle
sezioni della stazione basti pensare che l’ESA ha costruito due dei
tre nodi che uniscono i moduli della stazione oltre a una lunga serie
di strumenti di vitale importanza all’interno della stazione.
Ad oggi (2009) la
ISS consiste di dieci moduli pressurizzati e di una struttura a
capriate completamente integrata; nei prossimi anni sono previste
numerose altre missioni per trasportare gli ultimi moduli tra i quali
l’avveniristico modulo Cupola il quale permetterà, attraverso le
sue 7 ampie finestre di poter seguire con maggior sicurezza le
operazioni all’esterno della stazione (oltre che fornire algi
astronauti un’incredibile vista del nostro pianeta). Questo modulo
e stato interamente progettato e costruito dalla società italiana
Thales Alenia Space (con sede a Torino) la quale è impegnata nella
progettazione e costruzione di moduli spaziali pressurizzati da
trent’anni. Oggi, il suo contributo industriale alla costruzione
della Stazione Spaziale Internazionale è di primo piano in termini
quantitativi, secondo solamente alla statunitense Boeing.
Il contributo
dell'Italia per l'ingegneria spaziale
Thales Alenia Space
Italia ha sviluppato per l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) i tre
moduli logistici MPLM per il trasporto, tra la Terra e la Stazione,
di carichi scientifici, rifornimenti e materiali; per l’Agenzia
Spaziale Europea e l’ASI ha sviluppato i Nodi 2 e 3, moduli di
interconnessione tra i vari elementi pressurizzati; la già citata
Cupola (ESA) e il laboratorio scientifico Columbus (ESA), dove gli
astronauti-ricercatori europei effettueranno esperimenti e ricerche
in microgravità. Inoltre, sempre su commissione dell’ESA, Thales
Alenia Space Italia ha già consegnato la prima unità del veicolo
logistico ATV, denominata Jules Verne, per il rifornimento di
propellente, aria e acqua.
L’Italia quindi
oltre a collaborare a livello organizzativo ed economico attraverso
l’ESA (di cui è uno dei paesi fondatori assieme a Francia,
Germania, Regno Unito, Belgio e Olanda e uno dei tre principali
finanziatori) collabora attivamente anche sotto l’aspetto
tecnologico attraverso Thales Alenia Space ed Avio S.P.A. la quale
sta portando a compimento la costruzione di un nuovo vettore
interamente europeo, il Vega. L’Italia assieme all’Europa quindi
è uno dei paesi che contribuisce più attivamente alla costruzione e
al mantenimento della Stazione Spaziale Internazionale.
Marzia Papagna e Carlo Ghisi
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