I diritti del territorio, l'organizzazione per affermarli
Pubblicato sul settimanale Carta, n. 38 del 30 ottobre 2009. In calce la bozza di Carta dei diritti del territorio
L'aggregazione di 124 associazioni, comitati e gruppi di cittadinanza che si è attivata per contrastare il “Piano di cementificazione del Veneto”, ha costituito solo un bellissimo momento d’incontro, di conoscenza reciproca, di condivisione d’'un timore e di resistenza contro un rischio, oppure è la premessa d'’un lavoro che si svilupperà nel tempo e costituirà nella Rete una forza che conterà più delle singole forze che la compongono? É evidente che questa è la speranza comune. Ne testimonia la fondatezza la comune sottoscrizione d'’una carta di principi (i “Diritti del territorio”): è da l’ì che si deve partire se si vuole costruire insieme qualcosa che duri. Il cammino però non sarà facile, per molte ragioni; e molti sono i punti su cui bisogna ragionare insieme. Ogni segmento della rete è figlio di una vicenda che ha radici diverse da quelle d’ogni altro, ha le sue ragioni (il suo obiettivo, le sue controparti, i suoi soggetti) che sono simili forse a molti altri, ma non a tutti. L’'autonomia di ciascuno deve essere rispettata al massimo, ma questo non può impedire che la Rete esista. Ogni segmento ha risorse scarse, la sua attività è basata sul volontariato e su contribuzioni limitate, eppure se si vuole un’'attività di coordinamento e di servizio utilizzabili per tutti occorre rinunciare, per la Rete, ad una parte delle risorse di ciascuno. Ciò che vale per le risorse vale per i poteri: se la rete ha un potere (di rappresentanza, di comunicazione, di distribuzione delle risorse tra obiettivi alternativi), in che modo i diversi segmenti concorrono alla formazione di questo potere? Ognuno vale per uno, oppure vanno riconosciuti pesi diversi? E i rapporti con i partiti e con le istituzioni: occorre cercare il confronto e praticare il conflitto, oppure accettarne anche la collaborazione? E a quali condizioni?
Queste sono alcune delle riflessioni che si sono sviluppate durante e dopo le due giornate dell'’incontro dei comitati, associazioni e gruppi che si è svolto a Forte Marghera, tra Mestre e Venezia, e che proseguiranno in vista dell’'approvazione di uno statuto: di un sistema di regole (possibilmente essenziali e chiare) che garantiscano la collaborazione in vista d'’un impegno di lunga lena. Ci si potrà giovare di quello che forse è il risultato più significativo dell’'incontro: il prodotto delle discussioni nei numerosi workshop, autoproposti e autogestiti da quanti hanno partecipato alla manifestazione. Da ciascuno di essi sono emerse non slo valutazioni critiche sui diversi aspetti trattati (dal problema della casa a quello dei poteri sul territorio, dall’'economia solidale al pendolarismo, dalla privatizzazione dell’'acqua alla strumentalizzazione dell'’insicurezza, dalla precarietà del lavoro al trionfo della speculazione), ma anche indicazioni sulle cose da fare e le nuove iniziative da porre in cantiere. Non facendo leva unicamente sulle forze, generose ma gracili di Cantieri sociali – Estnord, ma coinvolgendo tutti i segmenti della rete. Forse un passo necessario è la definizione di un programma di lavoro su una molteplicità di temi, per ciascuno dei quali più gruppi collaborino assumendosene la responsabilità della gestione.
Alcuni temi, del resto, sono già indicati nella carta di principi approvata da tutti.
RETE VENETA
CARTA DEI DIRITTI DEL TERRITORIO
PREAMBOLO
La terra
Chiamiamo terra il territorio vergine, dominato dalla natura. Abbiamo consapevolezza del valore
della terra non urbanizzata, non coperta da cemento e asfalto, lasciata libera allo svolgimento del
ciclo naturale. La terra, come componente naturale del pianeta, è un bene. La sua struttura fisica è
una risorsa essenziale, ed essenziali sono le azioni che su di essa compiono le forme elementari
della fauna e della flora. Occorre conoscere, amare, rispettare la terra in quanto tale. A partire
dall’oscuro lavorìo che compiono i lombrichi e gli organismi primordiali che la lavorano,
digeriscono, rendendola porosa, permeabile, suscettibile di ospitare e nutrire i germi della vita
vegetale.
Le esigenze della società possono richiedere che qualche ulteriore pezzo di terra venga occupato
dalla città: ma occorre dimostrare inoppugnabilmente che quella esigenza non può essere
soddisfatta altrimenti. E bisogna sentire comunque questa scelta come una perdita, che è stato
necessario subire ma che ci si deve proporre di risarcire, restituendo alla natura qualche altro
frammento di suolo che non è più necessario all’urbanizzazione.
Il territorio
Il territorio è qualcosa di più che la terra. Il territorio è il prodotto della storia (del lavoro e della
cultura degli uomini) e della natura Le civiltà umane hanno aggiunto qualità alla natura, ma non
sempre, e non tutte. A volte, per accrescere la qualità nuova, hanno distrutto qualità preesistenti.
Spesso le perdite sono irreversibili: non possiamo ripristinare quello che c’era e oggi non c’è più,
ma possiamo imparare a comportarci in modo diverso da quei nostri avi (e dai quei
contemporanei) che hanno distrutto invece di proseguire il lavoro dei loro predecessori.
Anche le qualità prodotte dalla storia dobbiamo conoscerle, amarle, rispettarle. Non solo ci
rivelano spesso bellezza e saggezza, ma ci raccontano la storia, la nostra storia, la storia della
civiltà che è parte di noi. Senza conoscenza della storia può esistere il presente, ma non può
esistere un futuro migliore
Dobbiamo conoscere, amare e rispettare tutte le qualità presenti nel territorio. Nelle loro parti, e
nel sistema che costituiscono nel loro insieme.
Sistema
Il territorio non è un semplice magazzino, un supporto o un giacimento di materiale inerte. Gli
elementi che lo costituiscono hanno ordine tra loro, sono connessi in modo che una modifica in un
punto, un’azione su uno di essi, modifica tutte gli altri.
Estrarre ghiaia e sabbia dall’alveo di un fiume riduce la quantità di materia inerte che arriva al
mare, quindi favorisce l’erosione dei litorali. Irrorare con prodotti velenosi un’area permeabile
rende pericolosa l’acqua in tutto il bacino alimentato dalla sottostante falda acquifera. Rendere
artificiali le sponde di un tratto di fiume ne aumenta la velocità e la portata, e può provocare
inondazioni e distruzioni a valle.
Non parliamo poi delle trasformazioni provocate dalla cattiva urbanistica. Aprire un supermercato
alla periferia della città provoca un grande aumento del traffico, quindi richiede la formazione di
nuove strade, parcheggi ecc; al tempo stesso, stimola l’apertura di altri negozi, servizi e funzioni
che guadagnano dalla presenza di numerosi passanti. Allargare una strada e rendere più fluido il
traffico in una parte della città provoca un afflusso di automobili generalmente maggiore
dell’aumento della capacità della rete stradale che si è manifestato, e quindi richiede nuovi
interventi che a loro volta generano maggior traffico.
La pianificazione
Se il territorio è un sistema, anche le azioni che lo trasformano devono essere viste in modo
sistemico. L’uso del territorio e le sue trasformazioni devono essere governate nel loro insieme. Il
metodo che è stato inventato quando si è compreso che il territorio doveva essere governato è la
pianificazione (territoriale e urbana). Essa è quel metodo, e quell’insieme di strumenti, capaci di
garantire - in funzione di determinati obiettivi - coerenza, nello spazio e nel tempo, alle
trasformazioni territoriali, ragionevole flessibilità alle scelte che tali trasformazioni determinano o
condizionano, trasparenza del processo di formazione delle scelte e delle loro motivazioni.
L’oggetto della pianificazione è costituito dalle trasformazioni, sia fisiche che funzionali, che sono
suscettibili, singolarmente o nel loro insieme, di provocare o indurre modificazioni significative
nell'assetto dell'ambito territoriale considerato, e di essere promosse, condizionate o controllate dai
soggetti titolari della pianificazione. Dove per trasformazioni fisiche si intendono quelle che
comunque modifichino la struttura o la forma del territorio o di parti significative di esso, e per
trasformazioni funzionali quelle che modifichino gli usi cui le singole porzioni del territorio sono
adibite e le relazioni che le connettono.
I conflitti
Il territorio è un patrimonio; è un insieme di risorse; è un sistema. Esso è anche l’ambiente nel
quale si svolge la vita dell’uomo. Man mano che l’umanità si è sviluppata (in tutti i sensi in cui
questo termine può essere adoperato) è diventata sempre più complessa la rete delle relazioni che
legano gli uomini tra loro, che costituiscono la società. Il territorio non è più l’habitat del singolo
uomo, ma è divenuto l’habitat della società.
Le trasformazioni indotte da ogni singolo individuo umano si sommano tra loro e modificano
l’intero sistema. Le esigenze di ciascuno non possono essere soddisfatte se non affrontando (e
soddisfacendo) le esigenze di tutti. Il territorio è un patrimonio che deve essere utilizzato
nell’interesse di tutti.
Ma il territorio, e le risorse che in esso sono depositate, possono essere utilizzati in modi diversi,
possono servire interessi diversi. Il territorio è perciò anche il luogo dei conflitti tra diversi gruppi
sociali.
La pianificazione è anche il metodo attraverso i quali i conflitti possono venire regolati in modo
non distruttivo. Di conseguenza la pianificazione non può essere governata da individui o gruppi
che esprimano interessi di una parte sola della società: deve essere governate dalle istituzioni e
dalle procedure mediante le quali si manifesta la sovranità della società nel suo insieme. La
pianificazione deve essere lo strumento di un potere pubblico democratico, basato sulla
partecipazione dei cittadini consapevoli.
Le regole
Poichè il territorio è soggetto alle azioni di una pluralità di attori, la pianificazione deve
esprimersi mediante un insieme di regole, che costituiscono al tempo stesso i limiti e le opportunità
per le azioni che ciascuno ha la capacità e il potere di esercitare.
Le regole devono valere per tutti: in tal senso devono essere eque. Ma esse non sono nÈ oggettive
nÈ neutrali. Nella situazione presente (ma in qualche misura in tutte le situazioni) esse premiano
alcuni interessi, ne penalizzano altri. È essenziale che sia chiaro a tutti (che sia trasparente) chi
dalle regole della pianificazione urbanistica è premiato e chi è colpito.
Nella concreta situazione italiana il conflitto dominante è tra due gruppi di soggetti: (1) quelli
interessati alla valorizzazione economica della propria proprietà, cioè quelli che utilizzano il
territorio come una macchina per accrescere la loro ricchezza personale; (2) quelli interessati a
veder soddisfatte le loro esigenze di cittadini: tutela dei beni comuni territoriali (paesaggio, risorse,
energia) per sÈ e per i posteri; accesso a un’abitazione a prezzo ragionevole in una città equa;
disponibilità di spazi e servizi pubblici efficaci e comodi; assenza di rischi e di bruttezze; possibilità
di godere delle diverse qualità del patrimonio comune.
In una società come quella italiana il primo gruppo di interessi è indubbiamente il più forte. Di
esso non fanno parte solo quelli che dispongono di ingenti ricchezze, ma anche gran parte dei
piccolo proprietari che non vedono la contraddizione tra i due interessi. È comunque il primo
gruppo d’interessi quello che domina il processo delle decisioni, che conosce gli strumenti
mediante i quali si formano e trasformano le regole. È perciò necessaria una funzione politica e
didattica: chi sappia rendere partecipi tutti dei modi in cui le scelte sul territorio modificano le
condizioni di vita di tutti, degli interessi in gioco, delle alternative possibili, degli strumenti
impiegabili per raggiungere gli obiettivi desiderati.
1 - IL TERRITORIO
1.2 - Tutela dell’integrità fisica del territorio
Si deve attribuire priorità alla tutela dell’integrità fisica del territorio, intesa come preservazione da
fenomeni di degrado e di alterazione irreversibile dei connotati materiali del sottosuolo, suolo,
soprassuolo naturale, corpi idrici, atmosfera, considerati singolarmente e nel complesso, con
particolare riferimento alle trasformazioni indotte dalle forme di insediamento dell’uomo. In
funzione di tale priorità ogni trasformazione fisica e funzionale del territorio prevista dagli atti di
governo del territorio deve essere sottoposta a specifiche condizioni ed esplicita gli elementi da
considerare per la valutazione degli effetti ambientali delle trasformazioni previste o prevedibili.
1.2 - Tutela del patrimonio storico e culturale e dell’identità del territorio
Uguale priorità si deve attribuire al patrimonio storico e culturale del territorio. I diversi luoghi che
compongono il territorio possiedono ciascuno una specifica identità, rappresentata dal paesaggio,
che è derivata dal modo in cui, nel tempo, gli abitanti e il territorio hanno interagito. Il
riconoscimento di questa identità e la valutazione degli elementi di qualità da conservare e degli
elementi di degrado da correggere deve essere compiuta in relazione stretta, ma non esclusiva, con
la società che abita quel luogo. Il paesaggio, il patrimonio culturale, le risorse del territorio sono
beni che appartengono all’intera umanità, e come tali deve essere tutelati anche in relazione agli
interessi delle comunità più vaste.
1.3 - Fabbisogno e consumo di suolo
Le scelte di trasformazione del territorio devono essere basate su un’accurata valutazione dei
fabbisogni di residenze, sedi per le attività produttive, commerciali basati su stime attendibili e su
risorse certe relative a un arco di tempo definito. Esse devono essere sottoposte a pubblico dibattito.
Da esse devono essere sottratte le disponibilità di immobili (aree ed edifici) attualmente urbanizzati
ma non utilizzati. La localizzazione delle quote eventualmente residue, e quindi l’individuazione di
ulteriori aree urbanizzabili, deve essere computa nel rispetto delle priorità di cui ai precedenti
articoli.
1.4 - Il territorio oggi: invece…
Oggi, invece, il territorio è considerato come un contenitore neutrale a disposizione di chiunque,
avendone il potere e potendone acquisire la proprietà, voglia utilizzarlo come fonte di arricchimento
personale, come luogo nel quale depositare i rifiuti e gli ingombri d’ogni genere, come miniera
dalla quale estrarre risorse privatizzabili e commerciabili, dai metalli pregiati alle fonti energetiche,
dai materiali lapidei per il ciclo edilizio all’acqua, dalle cavità da usare come discariche di materiali
inquinanti alle superfici da sottrarre al ciclo naturale per “valorizzarle” nell’interesse esclusivo dei
proprietari per usi socialmente inutili.
2. - LA CITTÀ
2.1 - La città è un bene comune
La città è un bene comune e deve essere considerata, organizzata e vissuta in quanto tale.
L’ecosistema urbano è l’habitat dell’uomo. La città è il risultato della plurimillenaria invenzione e
ricerca di un luogo che potesse soddisfare le esigenze legate alla vita associata degli uomini. La
città è la casa della società: è stata costruita dalla società, con la cultura, il lavoro, gli investimenti
della collettività nel suo insieme. Sebbene la vita contemporanea abbia allargato la prospettiva della
vita sociale e abbia esteso le funzioni urbane a spazi più ampi (dalla città racchiusa nei suoi confini
si è passati al territorio urbanizzato) le città costruite nei millenni della nostra storia sono rimaste la
testimonianza più alta della vita civile, e tali devono essere in maniera sempre più piena.
2.2 - Il governo della città
La città e le sue trasformazioni devono essere governate in ragione della sua funzione sociale.
Devono essere governate in ragione delle esigenze, degli interessi, delle aspettative e delle speranze
della società che la adopera o vuole adoperarla: per abitarvi, per lavorare, per incontrarsi, e per
trovare il necessario equilibrio tra le esigenze della vita personale e privata e la esigenze della vita
collettiva e pubblica. Di conseguenza la città deve essere governata garantendo:
- un sistema di regole di uso del territorio che garantiscano a ogni suo abitante la massima
diffusione dei diritti di cittadinanza quali la salute, la mobilità, la libertà di cultura e di istruzione
pubblica, la casa, la sicurezza sociale, la disponibilità di spazi per la ricreazione, lo sport, la via
attiva nella natura;
- una specifica attenzione agli spazi pubblici affinchè siano resi attrattivi, sicuri e utilizzabili da
tutti, aperti alla partecipazione attiva (alla libera espressione delle proprie opinioni) di tutti i gruppi
sociali quale che sia la loro cultura, stato sociale, età, provenienza, lingua, mestiere;
- la definizione di un assetto della mobilità che temperi l’esigenza di spostarsi con quella di
garantire la salute e la sicurezza dei cittadini, e che perciò riduca la necessità degli spostamenti
mediante un’adeguata localizzazione delle funzioni, privilegi il trasporto non inquinante e
accessibile a tutti (al pedone e al ciclista), e il trasporto collettivo su quello individuale;
- la città e le sue parti siano organizzate, progettate e costruite in modo da consentire il massimo
risparmio di energia
2.3 - La città oggi: invece…
Anche la città, come il territorio, è invece soggetta oggi a un processo di appropriazione privata di
tutti i suoi elementi. È un processo che nasce da alcuni secoli ma che, vincendo ogni tentativo di
contrasto, sta raggiungendo oggi livelli raramente raggiunti in passato. Il processo è iniziato con
l’appropriazione privata dei terreni originariamente pubblici, o comunque sottoposti a stringenti
regole pubbliche per la loro utilizzazione edilizia. E stato contrastato soprattutto nel secolo scorso,
con il varo di politiche pubbliche volte a garantire l’accesso alla casa ai ceti meno abbienti e
soprattutto a dotare la città di spazi, attrezzature e servizi necessario per le cresciute esigenze della
popolazione (welfare urbano). È proseguito negli ultimi decenni con la privatizzazione e
mercificazione degli spazi pubblici, con l’attribuzione al libero mercato (cioè al gioco degli interessi
economici) di funzioni che erano geloso appannaggio del potere pubblico (dalla salute
all’apprendimento, dai servizi pubblici essenziali allo smaltimento dei rifiuti,
dall’approvvigionamento energetico alla distribuzione dell’acqua).
3. - LA SOCIETÀ
3.1 – Città e società
Città e società sono legate da un rapporto inscindibile: sono l’una lo specchio dell’altra. Se la città è
la casa della società, la società è l’anima della città. Chi vuole agire per una città migliore, più
vivibile per tutti, più equa e più amichevole, deve agire contemporaneamente perchÈ questi requisiti
vivano nella società.
3.2 – La società che vogliamo
La società che noi vogliamo è una società equa, aperta, accogliente e solidale. Una società nella
quale ciascuno sia diverso dagli altri ma nessuno sia più o meno importante di nessun altro; una
società in cui le differenze (tra generi, età, condizioni fisiche, ceti sociali, mestieri, lingue e culture,
nazionalità ed etnie) non siano solo tollerate nÈ tanto meno siano ragione di esclusione o
discriminazione, ma siano vissute come ricchezza comune. Una società in cui lo straniero sia
accolto, il debole sia difeso. Una società nella quale il lavoro, l’abitazione, l’accesso ai servizi, la
mobilità sul territorio siano garantiti a tutti.
3.3 – La società e la politica
Essere politico significa avere il dovere e il potere di occuparsi responsabilmente del governo della
cosa pubblica. In questo senso ciascun cittadino è politico ed è chiamato dalla società ad agire
politicamente. La società deve essere organizzata in modo da facilitare l’espressione politica del
cittadino, ossia la sua partecipazione critica alle scelte sul governo della città e delle comunità cui
appartiene (il quartiere, la città, la provincia e la regione, la nazione, l’Europa, il mondo).
3.3 – Una società da cambiare
La società nella quale viviamo è ben diversa da quella che vogliamo. Siamo consapevoli della
distanza che le separa e dello sforzo collettivo che è necessario per avvicinare la società che esiste a
quella che vogliamo. Nei limiti delle nostre risorse vogliamo partecipare a questo sforzo.
3.4 – La società oggi nel mondo
Ciò che soprattutto ci ferisce nella società di oggi è:
- L’assunzione del successo economico e della ricchezza personale come valore universale e
dominante,
- la scelta della quantità della produzione di merci (indipendentemente dalla loro utilità
sociale e umana) come parametro riassuntivo del livello di sviluppo della società,
- la conseguente sollecitazione al consumo di merci indipendentemente dal loro reale valore
per gli uomini, la trasformazione dei cittadini in clienti,
- li riduzione alla competizione economica ogni rapporto tra persone, città, nazioni.
3.5 – In Italia ci proponiamo di contrastare…
In questo quadro, in Italia ci proponiamo di contrastare particolarmente:
- il consolidamento e la crescita delle disuguaglianze tra ricchi e poveri, forti e deboli,
privilegiati e sfavoriti;
- l’aumento delle chiusure egoistiche, delle esclusioni, ghettizzazioni, recinzioni visibili (nella
città) e invisibili (nella società);
- la continua riduzione del peso degli spazi per la discussione, il dibattito, la manifestazione
del dissenso e delle alternative alle scelte dei più forti;
- il crescente trasferimento di funzioni pubbliche (nel campo dell’apprendimento, della salute,
della sicurezza sociale, …) a operatori privati e comunque a strutture interessate innanzitutto al
vantaggio economico delle azioni svolte,
- gli sprechi di risorse derivanti dai modi in cui è finalizzata la produzione (la crescita
indefinita dei consumi di merci spesso inutili, a volte dannose) e sono organizzI il confezionamento
e la commercializzazione delle merci prodotte e la gestione dei rifiuti.
3.6 - …e ci proponiamo di promuovere
Non vogliamo limitarci alla protesta e al contrasto delle azioni che consideriamo negative. Ci
proponiamo di promuovere, anche diffondendone la conoscenza, le pratiche nelle quali si manifesta
un modo di organizzare la città e le sue parti, il territorio, l’economia, la vita sociale in modi
coerenti con i principi che abbiamo enunciato.
…
4. - LA RESISTENZA
4.1 – Preoccupazioni e proposte alternative
In tutto il mondo si manifestano iniziative volte a criticare la situazione esistente e a proporre di
modificare le prospettive preoccupanti che il suo proseguimento solleva, soprattutto in riferimento
a due ordini di questioni:
- da un lato le conseguenze che lo sfruttamento rapace delle risorse del pianeta, il carattere
esponenziale della produzione di merci, il crescente consumo di energia, la privatizzazione e
mercificazione di beni comuni essenziali (l’acqua, la terra e le sue capacità naturali, …) provoca sul
futuro del pianeta;
- dall’altro lato, le crescenti ingiustizia nella distribuzione delle risorse e del potere tra le
diverse parti del mondo: la disparità tra Nord e Sud del mondo non avviene solo a scala dell’intero
pianeta, ma analoghe differenze e disuguaglianze si manifestano anche all’interno dei singoli stati,
regioni, città.
4.2 – I movimenti: differenze
I gruppi di cittadini, i comitati e i movimenti, le associazioni e organizzazioni che hanno avviato
processi di resistenza alle tendenze in atto, alle ingiustizie e ai rischi che queste che comportano,
sono spinti da esigenze diverse. Spesso si tratta di resistenze e opposizioni a scelte che colpiscono
localmente interessi comuni di gruppi di cittadini, altre volte si tratta di proteste e proposte che
vogliono contrastare azioni e prospettive che colpiscono gruppi più vasti, o l’intera umanità. A volte
si tratta di azioni racchiuse nell’orizzonte limitato della protesta, altre volte di pratiche capaci di
proporre alternative concretamente raggiungibili. A volte si tratta di iniziative che non riescono ad
andare oltre l’ambito locale, altre volte di azioni capaci di collegarsi a rivendicazioni, proteste,
proposte riferite ad ambiti più vasti.
4.3 – Difficoltà e fragilità
Molte sono le difficoltà che i movimenti (raggruppiamo sotto questa dizione i diversi
raggruppamenti di cittadini cui ci riferiamo) devono incontrare e i motivi della loro fragilità. Ma
ancora maggiori sono le potenzialità, e soprattutto la necessità, della loro azione. Sono fragili
perchÈ sono nati e sopravvivono sulla base del volontariato, investendo risorse (di tempo, di
attrezzature, di finanze) molto limitate. Sono fragili perchÈ raramente hanno accesso alle stesse
informazioni e alle stesse capacità di elaborazione di cui dispongono i poteri che vogliono
contrastare. Sono fragili perchÈ raramente hanno la possibilità di durare nei tempi lunghi che i
problemi affrontati richiederebbero.
4.4 – Necessità e potenzialità
La loro necessità nasce dal fatto che sono l’unica forze capace di criticare le tendenze in atto, visto
il declino (particolarmente in Italia) della politica dei partiti, la crisi delle istituzioni democratiche,
l’incapacità dei governi (in Italia, in Europa e nel mondo) di affrontare le grandi spinte ambientali e
sociali che la realtà impone. Le loro potenzialità stanno tutte nella loro capacità di aggregarsi, di
collaborare, di mettersi in rete condividendo risorse, moltiplicando la loro visibilità e capacità di
mobilitazione, conoscenze e informazioni, saperi diffusi e saperi esperti. I forum sociali europei e
mondiali, le iniziative delle reti italiane sono segni e strumenti di queste potenzialità.
5. - IL VENETO
5.1 – La politica della giunta regionale e dei poteri forti
La situazione drammatica del territorio veneto è chiaramente denunciata negli stessi documenti
ufficiali della Regione. La documentazione di base del recente Piano territoriale regionale di
coordinamento lo illustra in numerosi suoi aspetti, come documenta le grandi potenzialità che i suoi
paesaggi e le sue città ancora costituiscono per il futuro di questa regione.
Nonostante la denuncia degli errori commessi nel passato, e contraddicendo alcune buone pratiche
attivate in attuazione della legge Galasso (431/1985), l’attuale Giunta regionale persegue un
disegno di cementificazione del territorio, mediante la mobilitazione di tutte le risorse della
speculazione immobiliare grande e piccola, che è stata denunciata in tutti i suoi aspetti nell’azione
compita dai 125 comitati, associazioni e gruppi di cittadinanza attiva del Veneto mobilitati in
occasione della contestazione di quel piano.
La realizzazione di grandi i infrastrutture inutili, spesso dannose, progettata senza razionalità
inseguendo le peggiori tendenze di sviluppo della mobilità su gomma è uno dei punti di forza di
questo disegno. La realizzazione di nuovi insediamenti, utili solo agli interessi patrimoniali dei
grandi gruppi finanziari, strettamente collegata alle prospettive di rilancio della politica autostradale
è un ulteriore tassello di questo disegno, la cui regia è sottratta al controllo delle istituzioni locali e
dei cittadini mediante il sempre più frequente ricorso alla tecnica dell’attribuzione di poteri a
commissari straordinari scelti dall’esecutivo regionale.
Il disegno della giunta regionale e dei poteri forti che essa aggrega e controlla, è completato da
norme permissive che incentivano il consumo di suolo, la piccola speculazione immobiliare, e
pratiche di perequazione finalizzate solo all’aumento dei valori immobiliari. Le ricchezze del
paesaggio e dell’ambiente sono evocate retoricamente, ma costituiscono la variabile dipendente del
modello di sviluppo prescelto. La legge per l’incentivazione sregolata dell’attività edilizia, benché
corretta in consiglio regionale dall’azione di consiglieri sensibili alle critiche dei comitati e delle
associazioni, è un ulteriore strumento in questa direzione.
5.2 – Nei comuni del Veneto
Contemporaneamente si sviluppa, in moltissimi dei comuni della regione, un’azione volta a
privatizzare gli spazi pubblici, a privilegiare le opere e le iniziative di prestigio scenografico rispetto
agli investimenti socialmente utili, a reagire alla strozzatura delle finanze locali con l’estensione
immotivata delle aree edificabili, allo storno degli oneri di finalizzati dalla legge alla realizzazione
di spazi pubblici.
Molte aree e città del Veneto sono inoltre all’avanguardia nelle pratiche di discriminazione razzista,
di fomentazione dell’odio verso il forestiero, il diverso, il povero, di riduzione degli spazi di
dibattito, di confronto, di manifestazione del dissenso.
5.3 – Per la costruzione di un altro Veneto
Questa situazione è stata denunciata e contrastata dalla grande campagna di promozione e raccolta
di critiche e contestazioni al piano regionale, i cui documenti e le cui azioni sono alla base della
decisione di costituire la Rete. Ci proponiamo adesso di passare dalla critica e dalla protesta (che
rimarranno tra i nostri impegni prioritari) alla formulazione di proposte per l’avvio della costruzione
di un nuovo Veneto.
Ci proponiamo in particolare:
- di costruire una mappatura delle aree e dei beni comuni a rischio, delle azioni popolari
poste in essere per la loro difesa e per la conquista di nuovi spazi pubblici e nuove aree di tutela
delle qualità del paesaggio, dei beni culturali, del paesaggio, e dei gruppi di cittadini che si battono
in questa direzione;
- di promuovere la formazione di un piano paesaggistico regionale, sulla base delle
disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio e del materiale ddi analisi e di proposta
contenuto nei documenti allegati al Ptrc ma da esso ignorati e contraddetti;
- promuovere la formazione di una nuova legge urbanistica che ristabilisca in pieno il
carattere pubblico della pianificazione, la priorità delle scelte finalizzate alla tutela dei patrimoni e
dei beni comuni, la preminenza degli interessi dei cittadini (in termini di equità, vivibilità,
sostenibilità) rispetto a quelli della proprietà immobiliare.
Edoardo Salzano
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