La città del cioccolato
La trasformazione di una città cresciuta a pane e cemento ha segnato il progressivo declino della città dei cittadini, e il passaggio ad una città per consumatori, per clienti
Fare due passi di domenica nel centro di Perugia, una domenica nella quale il centro è trasformato in un supermercato del cioccolato, rende chiarissimo il fatto che non esistono più cittadini, ma consumatori. Salgo spesso a piedi dalla prima periferia, quella degli anni ’50 e ’60 per intenderci, fino all’acropoli. Non si trovano molte persone lungo i percorsi, quasi tutti preda di traffico ed auto. Qualche eccezione solo nei pochi spazi pedonali, come il tratto di Corso Cavour che va dai Tre Archi fino alla Rocca Paolina. Ma l’acropoli, Corso Vannucci con la meravigliosa piazza e le splendide vie e piazze adiacenti, sono poco frequentate, anche da turisti. Quando eravamo ragazzi, tanti anni fa, passeggiare per Corso Vannucci verso le 18 era pressoché impossibile: nemmeno uno spillo sarebbe riuscito a cadere per le tante persone, soprattutto giovani e ragazzi, presenti. Anche oggi è così, ma per ben altre ragioni. La trasformazione di una città cresciuta a pane e cemento, non pane e cioccolato, lo spostamento verso periferie dormitorio sempre più lontane e lo svuotamento del centro storico, la creazione di poli di attrazione esclusivamente commerciale in luogo di quelli della bellezza e del vivere assieme, ha segnato il progressivo declino della città dei cittadini, e il passaggio ad una città per consumatori, per clienti. Alla città come merce. E con la città che diviene una merce, da utilizzare nei suoi spazi pubblici più belli come vetrina per iniziative commerciali di varia natura, si unisce la trasformazione in merce di tutti i principali servizi erogati dalla città, anch’essi definiti spazi pubblici da Edoardo Salzano: dai trasporti alla scuola, dalla salute alla cultura. E se sono solo, o soprattutto, le necessità del consumo che caratterizzano, che giustificano la presenza di persone negli spazi pubblici, la città non è più di tutti, ma solo di alcuni. Non è più dei e per i cittadini. E gli spazi pubblici della città, quando non servono scopi commerciali, non hanno più una vera ragion d’essere. E vengono abbandonati a sé stessi e “svuotati”. Il centro come vetrina un po' in disuso illuminata dai banchetti delle merci in esposizione, come scenario per la “turistificazione” alla Airbnb, come palcoscenico di grandi kermesse giornalistiche o musicali, ma non più come luogo dove vivere ed incontrarsi, rappresenta il cuore malato di una città malata. E non basteranno certo dosi massicce di cioccolato, pagate per di più a caro prezzo, a salvare il cuore della città e la città tutta. E nemmeno le altre attività commerciali e alberghiere presenti. Occorre cambiare radicalmente direzione, e restituire alla città il suo ruolo di luogo dei e per i cittadini. Di luogo dove gli spazi pubblici non sono vetrine ma l’estensione, il cortile dei palazzi e delle case private. Di luogo dove vivono persone diverse, per estrazione sociale e reddito, per provenienza e cultura, per età e tradizioni. Di luogo dove è facile arrivare, e dove è possibile fare spesa senza allontanarsi molto (non si vive di solo cioccolato, ma di mercati e negozi di vicinanza). Di luogo dove i servizi sono accessibili logisticamente e per il costo. Di luoghi dove i turisti vengono per la loro bellezza, per la loro vitalità, e non per la disponibilità di locazioni sottratte alla residenza per ragioni fiscali. E’ il paradigma neoliberista che strangola Perugia, come ogni altra città, e che trasforma tutto in merce. Lo stesso che strangola il nostro paese e tutto l’occidente, perché portatore dell’illusione che la libertà consista nel soddisfare i propri desideri, non i propri bisogni. E mentre i primi sono il portato di un marketing soffocante che esalta la dimensione egoistica dell’individuo, i secondi sono nascosti perché costituiscono i diritti negati della dimensione umana e comunitaria. Quella per la quale siamo tutti uguali. La città del cioccolato mette insomma in scena, involontariamente, con la contemporanea chermesse elettorale fatta di marketing e megacartelloni (sponsorizzati dai grandi interessi locali), e con un’astensione che raggiunge ormai la metà degli aventi diritto al voto, le fine della democrazia e, probabilmente, dell’occidente. Ma niente paura: potete sempre annegare il dispiacere in una bella tavoletta di cioccolato. Al doppio, se non al triplo del prezzo che avreste pagato nel negozio sotto casa vostra, se non fosse chiuso a causa dei supermercati …
Francesco Masciarelli
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